Breda, il padre del fai-da-te nordestino

Imprenditore, filantropo, appassionato di ippica, ha lasciato un’eredità immensa dilapidata da chi gli è succeduto
Di Francesco Jori

di FRANCESCO JORI

Ci sono destini che si respirano in famiglia. Quando mamma Angela Zanon lo dà alla luce, il 30 aprile 1825 a Limena, Vincenzo Stefano Breda è il sesto figlio di quello che oggi si chiamerebbe piccolo imprenditore formato Nordest. Il padre Giovanni opera infatti nel campo degli appalti pubblici, in cui si è ritagliato una modesta ma solida posizione. Così, diventa pressoché naturale per lui iscriversi alla Scuola di applicazione per ingegneri: dove si laurea all’età di 22 anni. Il suo primo impiego, a fine anni Quaranta, è in una ditta locale di costruzioni ferroviarie, la Talachini: le sue qualità lo portano a vedersi affidare l’incarico della direzione dei lavori di alcune tratte locali della Ferrovia Ferdinandea, in corso di realizzazione fin dal 1837 tra Milano e Venezia. Nel 1854, a neanche trent’anni, si mette in proprio dando vita alla “Società per le strade ferrate dell’Italia centrale”. È una preziosa palestra che gli consente, nel 1872, di salire di livello, tenendo a battesimo a Padova la “Società Veneta per imprese e costruzioni pubbliche”, della quale diventa presidente. Via via l’attività si allarga a settori diversi: l’azienda si aggiudica la realizzazione degli acquedotti di Venezia e di Napoli, della sede del ministero delle Finanze a Roma, di alcune tratte ferroviarie in Lombardia e Veneto con relativa gestione, nonché l’appalto per i porti di Genova e Palermo. Realizza inoltre una ventina di ferrovie secondarie tra Veneto, Emilia e Toscana. E decide di aprire un’officina di riparazione e manutenzione del materiale rotabile, che nel Novecento diventerà una delle industrie di punta del Padovano: le Oms, Officine Meccaniche Stanga.

Nell’ultimo scorcio del secolo Breda avvia la sua iniziativa più rilevante: la “Società degli Altiforni, Acciaierie e Fonderie di Terni”, nata nel 1884, e di cui egli manterrà la presidenza pressoché ininterrottamente fino al 1902. Il nucleo iniziale è costituito da una vecchia società in accomandita, la Cassian Bon, che gestisce una fonderia per la produzione di tubi di ghisa, e il cui capitale è già stato acquisito in larga parte da Breda. L’8 aprile 1884 l’azienda viene trasformata in “Società degli Altiforni, Acciaierie e Fonderie di Terni”. Nell’operazione, Breda è affiancato da alcuni tra i principali finanzieri e istituti di credito veneti. Dal canto suo, lo Stato ha assunto l’impegno ad anticipare l’importo di 12 milioni sul conto delle future forniture, e di prenotare l’acquisto di 8.500 tonnellate di piastre da impiegare per la corazzatura delle navi. A fine ’86, l’imprenditore presenta un ambizioso piano di sviluppo che prevede la costruzione di un altoforno di riserva a Terni, lo sviluppo delle locali acciaierie, l’acquisto di una serie di miniere in val Trompia con costruzione sul posto di altiforni e di officine per la produzione della ghisa, la realizzazione di altiforni a Civitavecchia; il tutto per un investimento di 30 milioni. Ma l’ambizioso progetto si scontra quasi subito con rilevanti ostacoli, specie perché i costi degli impianti di Terni si rivelano nettamente superiori a quanto preventivato; inoltre le banche cominciano a stringere i cordoni della borsa. È una situazione che compromette la stessa posizione di Breda, aggravata dalla generale crisi edilizia; al punto da dover lasciare la presidenza nel 1891. Molto c’è da dire anche del Breda privato, particolarmente legato alla sua Padova. Già nel 1859 acquista a Ponte di Brenta una villa in precarie condizioni, fatta edificare tra la fine del Seicento e i primi decenni del Settecento dalla famiglia veneziana dei Contarini, con una vasta proprietà di sette ettari. Tra il 1864 e il 1865 la fa ristrutturare. L’ampia disponibilità di terreno gli dà inoltre modo di soddisfare una delle sue grandi passioni, l’ippica: fa costruire le stalle e un anello in terra battuta per l’addestramento dei cavalli, avviando un progressivo processo di selezione grazie a stalloni importati dagli Stati Uniti. Il primo si chiama Elwood Medium, acquistato nel 1882: il suo nome sarà poi legato a una delle più antiche corse italiane, disputate sull’ippodromo fatto realizzare dallo stesso Breda nel 1901 sempre a Ponte di Brenta. È anche uomo amante dell’arte e della cultura: dispone di una biblioteca con oltre duemila volumi, e nella sua villa dà vita a una prestigiosa collezione d’arte ottocentesca. In una biografia a lui dedicata, il giornalista e scrittore padovano Luigi Montobbio ne tratteggia infine le caratteristiche di autentico filantropo: distribuisce sussidi e provvidenze anche a semplici sconosciuti, destina un contributo di 40mila lire per la costruzione degli Ossari di San Martino e Solferino, contribuisce con oltre 100mila lire alla ricostruzione del campanile di San Marco a Venezia dopo il crollo del luglio 1902, progetta e finanzia importanti opere nella Basilica del Santo a Padova. In definitiva, un uomo d’altri tempi. Davvero altri, purtroppo.

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