Con «Un angelo all’inferno» il cinema sposa il sociale

VERONA. Roberto Farnesi in bicicletta attraversa Verona, le piazze, i portici. Entra in una scuola. Giancarlo Giannini vive in una splendida villa veronese con piscina; ha una moglie, e una figlia...
Di Silvia Gorgi

VERONA. Roberto Farnesi in bicicletta attraversa Verona, le piazze, i portici. Entra in una scuola. Giancarlo Giannini vive in una splendida villa veronese con piscina; ha una moglie, e una figlia che si allena da nuotatrice negli impianti sportivi di San Benedetto a Peschiera del Garda. Visioni? Sì, cinematografiche. Quelle di “Un angelo all’inferno”, film girato interamente nella provincia di Verona. Presentato in anteprima venerdì notte al Palazzo della Gran Guardia, il film, che fra qualche mese vedremo nella serata di Rai Uno, ha la regia di Bruno Gaburro, la produzione di Michele Calì e Federica Andreoli per Nuova Media Italia ed è stato girato con un contributo della Regione Veneto dal Fondo regionale per il Cinema e l’Audiovisivo. Nel cast, oltre a Farnesi, Luca Ward, Chiara Conti, Mario Mattioli, Giorgia Wurth, Emilia Verginelli, Massimo Olcese, e due giovani promesse come protagonisti: Laura Adriani e Michele Cesari. Con in più un Giancarlo Giannini, coinvolto «perché» precisa Calì «è un grande amico».

Il film è patrocinato dal Ministero della Salute e da Ulss e Aziende ospedaliere (capofila Ulss 20 di Verona) Colonna sonora curata dal cantautore Paolo Vallesi, che ha eseguito nella serata il motivo trainante “Il mio pensiero”, brano che uscirà in contemporanea con il film. Direttore della fotografia è Sergio Rubini. Cameo dell’assessore ai Servizi sociali Remo Sernagiotto. Inoltre, il film è il primo in Italia prodotto secondo il protocollo Eden, che prevede attenzione alle energie rinnovabili e limitazione degli sprechi in fase di realizzazione.

Per l’anteprima, attrici in lungo, cast in prima fila, parterre con vecchi leoni come Fabio Testi e capistruttura come Antonio Azzalini.

Introdotto da Giannini con un semplice «Buona visione», “Un angelo all’inferno” ha una sceneggiatura lineare. Farnesi fa il musicista, si divide fra lezioni, prove nel locale preferito, una casa condivisa con un amico, Michele Cesari, che ha, fra i suoi diletti, la droga. A lui chiede attenzione la sorella (stesso padre), Laura Adriani, diciassettenne, un po’ in conflitto con una madre che non disdegna gli psicofarmaci, Chiara Conti, e un po’ “innamorata” del padre, potente e iperimpegnato, Giancarlo Giannini. La giovane entra nel circuito delle dipendenze.

Quarto film della serie a sfondo sociale, prodotta da Calì, con regista Bruno Gaburro. I precedenti hanno toccato: la donazione degli organi, l’alcool e la salute mentale. «Il progetto nasce con Flavio Tosi allora assessore alla Sanità in Regione, che» ricorda Calì «al lancio della mia idea di un film sulla donazione, mi rispose: perché no!».

Oggi Tosi è il sindaco della città, location delle riprese: «Per Verona è stata una grande opportunità; e poi toccare un aspetto sociale come questo significa fare prevenzione». Concetto ribadito dagli assessori, Coletto («Il fenomeno è strisciante e coinvolge a 360 gradi le famiglie» e Sernagiotto («Le dipendenze viaggiano su tre filoni, droghe, alcool, gioco d’azzardo»). Cinema a sfondo sociale insieme a promozione turistica. Basti pensare ad una scena: Farnesi viene scelto per suonare ad una prima importante. Si apre un sipario. Siamo all’Arena. Alla prima dell’Aida.

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