Coronavirus in Veneto: «Io, mia moglie e mio padre in prima linea contro il virus»

PADOVA. L’irresistibile richiamo del coronavirus: è quello a cui ha risposto il medico padovano Diego Caroli, gastroenterologo nell’ospedale Sant’Antonio, che prima ha lavorato come volontario per Malattie infettive in Azienda ospedaliera e poi ha partecipato al bando della Protezione civile che lo ha inviato nella casa di riposo Arcuri di Legnano, nel Milanese, in cui ben 30 anziani sono stati stroncati dall’infezione. Ma il richiamo del coronavirus è un vizio di famiglia: la moglie di Caroli, Paola Tasinato, è medico legale dell’Usl 6 Euganea e dall’inizio dell’emergenza sanitaria è in prima linea: tra le altre cose, sono toccate a lei la maggior parte delle constatazioni di morte degli anziani ospiti della casa di riposo di Merlara. E non è finita: Giuseppe Caroli, papà di Diego, medico in pensione, è stato chiamato a Roma per coordinare la realizzazione del nuovo reparto di Terapia intensiva dello Spallanzani.
Dottor Caroli, come mai ha deciso di scendere in trincea?
«Ho fatto quello che avrei voluto facessero i miei colleghi se io mi fossi trovato al posto loro. Ho dato a inizio marzo la mia disponibilità come volontario a Malattie infettive a Padova: un sabato mi ha chiamato la direttrice dell’Unità Annamaria Cattelan chiedendomi se potevo andare nelle tende della Protezione civile allestite in ospedale per aiutare a fare i tamponi. Così ho iniziato. Poi è uscito il bando della Protezione civile e ho deciso di dare la mia disponibilità».
Quindi ha abbandonato un reparto relativamente tranquillo come la Gastroenterologia per buttarsi nel mezzo della battaglia. Nessuna paura?
«Si ha paura quando non si conosce il nemico. Come medici sappiamo come proteggerci e come gestire i pazienti e dobbiamo fare il nostro lavoro».
Che situazione ha trovato nella Rsa Arcuri?
«Molto grave: su cento pazienti hanno avuto 30 decessi e ci sono tuttora 10 ricoverati e 25 positivi in struttura. Oltre la metà del personale si è infettato».
Cosa sta facendo?
«Sono arrivato martedì e la priorità era mettere in sicurezza la struttura e gli ospiti, quindi abbiamo creato aree di isolamento per tenere separati positivi e negativi con ingressi rigorosamente separati. Anche il personale è stato diviso in modo che non ci sia promiscuità. Stiamo organizzando gli screening con i tamponi sia sugli ospiti che sul personale. Poi ovviamente mi dedico all’assistenza sanitaria».
Ma la struttura non era ancora stata organizzata contro il Covid?
«Qui si sono trovati davvero in difficoltà. È mancato il collegamento con l’azienda sanitaria di riferimento, la Ats Milano, l’equivalente della nostra Usl, non c’è una rete organizzata sul territorio come da noi. Non facevano tamponi, mancavano i dispositivi di protezione. Un vero disastro. Da qui ho potuto apprezzare ancora meglio il nostro sistema sanitario».
La lotta al Covid 19 è un vizio di famiglia...
«Beh, in un certo senso. Mia moglie Paola Tasinato lavora per il Servizio Igiene dell’Usl Euganea, molti decessi per corona virus li accerta lei e poi si dedica alla sorveglianza attiva dei soggetti in isolamento. Mio padre Giuseppe, medico in pensione, che è stato chiamato a seguire la realizzazione della nuova Rianimazione dello Spallanzani a Roma».
E Caroli junior?
«Nostro figlio Francesco Giuseppe sta con i nonni materni a Montegrotto, dove gestiscono la trattoria Al Bosco. Abbiamo preferito affidarlo a loro dall’inizio dell’emergenza. Lui si diverte a curare i cavalli e gli ulivi nella tenuta dei nonni. La passione per la medicina non gli è ancora venuta, ma chissà, è ancora piccolo, magari un giorno deciderà di seguire le orme di famiglia». —
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