I due Pollock a casa di Peggy un’esplosione di arte e colore

Il Murale di Jackson racconta della sua innata tensione per i grandi spazi Per Charles la più grande retrospettiva mai vista, 120 opere attraverso decenni
Di Sileno Salvagnini
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 22.04.2015.- Mostra Guggenheim. Pollock. Nella foto: Murale di Jackson Pollock con David Anfam e Philip Rylands.
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 22.04.2015.- Mostra Guggenheim. Pollock. Nella foto: Murale di Jackson Pollock con David Anfam e Philip Rylands.

di Sileno Salvagnini

È una delle rarissime volte che il grande Murale, dipinto di oltre 6 metri di lunghezza che nel 1943 Jackson Pollock eseguì quando Peggy Guggenheim era ancora in America, e che poi la collezionista donò al Museo dell’Università dello Iowa, viene in Europa. Sarà visibile da oggi fino al 16 novembre alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia, per poi passare alla Deutsche Bank KunstHalle di Berlino, infine, al Museo Picasso di Malaga. La mostra - “Jackson Pollock Mural. Energia resa visibile” - è curata dallo storico americano David Anfam, direttore dell’Archivio del Clifford Still Museum di Denver, e autore di studi memorabili come quelli sull’espressionismo astratto o il catalogo ragionato delle opere di Rothko.

Presentando la mostra, è proprio il curatore a ricordare come questa grande opera sia stata spesso mitizzata: a partire da Peggy Guggenheim, che nella propria Autobiografia dirà che era stata realizzata dal grande artista in poco più di un giorno, e che per poterla far passare per la porta era stato necessario tagliarne alcune parti. In realtà, come fu precisato nel 2004 in occasione di una mostra curata dal direttore della Peggy Guggenheim Collection, Philip Rylands, l’opera non fu affatto rimpicciolita. Ma, quello che più conta, Anfam ne ha ricostruito l’origine filologica: non solo, o non soltanto, le passioni di Pollock per i muralisti messicani o l’apprendistato dal pittore americano Thomas Hart Bentom; ma anche una spiccata passione per il colore, che il recente restauro ha consentito di meglio apprezzare, nonché un’innata tensione per i grandi spazi dell’Ovest dell’America e il senso di movimento che ispirano le praterie sconfinate. Cosa questa che lo accomunava a un altro grande espressionista astratto come Clifford Still.

In effetti, questo non è ancora il Pollock del dripping, ma quello delle figure che, sia pure in modo confuso, affiorano da un tumulto di segni. Dove la ripetitività di forme non appare ossessiva, ma quasi naturale: come se il pittore in un mondo ripetitivo abbia inteso fissare un punto lirico, un mezzo linguistico che tenda a diffonderlo, al pari di un racconto, in una molteplicità di luoghi. Se “Mural” riprende uno schema visivo, questo può essere rintracciato nelle figure che si intravvedono nel di poco precedente “La donna e la luna”, sempre di proprietà di Peggy, che lasciano trasparire ancora debiti verso il surrealismo. Anfam ha ricordato come le altre opere che sono esposte nel corridoio della Guggenheim, ma in particolare nella sala dove è esposto “Mural”, dialoghino in questo senso con esso: non solo “L’occhio e il primo cerchio”, dipinto dalla moglie Lee Krasner nel 1960, dove però dette figure diventano statiche e statuarie; ma anche con uno dei più grandi dipinti di un altro celebre espressionista astratto, Robert Motherwell, “Elegia per la Repubblica Spagnola n. 126”, del 1965-75: uno dei più belli della ricca serie ispirata alla morte di Garcia Lorca in occasione della Guerra Civile spagnola, e che al museo dell’Università dello Iowa si trovano di fronte al dipinto di Pollock, come ora nella mostra veneziana.

Accanto a quella su Mural, la Guggenheim Collection inaugura anche una mostra sul fratello Charles Pollock - “Una retrospettiva” - curata da Philip Rylands, con contributi in catalogo (meglio: nel libro che la accompagna, come ha detto lo stesso) di Kirstin Hubner e Terence Malone, aperta fino al 14 settembre, catalogo Marsilio. Sebbene meno famoso del più giovane Jackson, quella sul Charles è una non meno lieta scoperta. Charles ha per certi versi una formazione analoga a quella di Jackson, avendo anche lui studiato con Benton all’Art Students League di New York. È il periodo del New Deal, con gli artisti che furono coinvolti dallo Stato sia per la loro possibile funzione sociale, sia, se non soprattutto, per potere fornire loro dei mezzi di sussistenza nel periodo successivo alla Grande Crisi. Se schizzi di viaggio o dipinti realistici degli anni Trenta di Charles possono far venire in mente certa pittura franco-inglese dell’800 come Millet o Corot, quelli dall’analogo soggetto di Jackson possono evocare i più tumultuosi Turner o Delacroix. Una tensione al fantastico che si scorge anche nel celebre quadretto, esposto in questa sezione, di Jackson, “Verso l’Ovest” (1934-35), proveniente dallo Smithsonian American Art Museum.

Charles vive assai di più del fratello Jackson, e per così dire attraversa molti stadi della storia dell’arte: se un dipinto del 1930 propone una testa che ricorda Campigli, opere quasi monocrome come “Nero e grigio 6” e “Nero e grigio 7” (1960) ricordano Rothko. Così come “Gregoire” (1966) e “Delta” (1967) appaiono vicine all’astrattismo di Forma 1 di Dorazio, artista che aveva conosciuto all’inizio degli anni Sessanta.

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