Mattarella si congratula con la città l’eredità è la nuova Carta dei Valori

Ora che il sipario si chiude, non è facile mettere a fuoco tutti i segni - più e meno profondi - che Padova capitale del Volontariato lascia in eredità. Ma tanto di quello che è successo si trova dentro le 11 pagine di cui si compone la “Carta dei valori dell’azione volontaria”, testo che aveva l’ambizione di rinnovare la Carta del 2001 e che ora si propone come qualcosa di più: un documento “dinamico” che - come dice Tiziano Vecchiato, presidente di Fondazione Zancan che ne ha curato la stesura - «riprende i sogni dei giovani» e prova a chiarire «quale ruolo può avere il volontariato nel sanare le ferite della società».
La sorpresa, durante la presentazione della Carta, arriva sul telefono del presidente del Csv Emanuele Alecci. È un messaggio inviato da Giovanni Grasso, portavoce del presidente della Repubblica. Contiene un “in bocca al lupo” da parte di Mattarella per la chiusura dell’anno di Padova capitale che proprio il presidente aveva “benedetto” in Fiera, a febbraio dell’anno scorso, davanti a cinquemila persona, pochi giorni prima che scoppiasse la pandemia. Nel messaggio c’è anche l’ennesimo apprezzamento di Mattarella, che dice di aver seguito con interesse e affetto il lavoro fatto a Padova.
Come quasi tutte le iniziative dell’anno da capitale europea, anche la Carta dei valori dell’azione volontaria si è dovuta adeguare in corsa a un nuovo scenario. «Avevamo immaginato un lavoro che non si è potuto fare», ammette Vecchiato. «Ma poi abbiamo avuto la possibilità di dialogare con centinaia di persone». E alla fine la Carta è proprio un dialogo che ruota attorno a quattro temi-valori: giustizia, carità, fraternità, generazioni e «propone scelte possibili e da prospettive diverse, componendo valori, strategie, priorità che partono da lontano, sono il presente, preparano il futuro. Non dicono quello che si deve fare ma come essere insieme dono, fraternità e bellezza». Le voci sono quelle delle persone volontarie, della Costituzione, dei bambini, degli anziani, dei giovani. Da ieri sera il testo è scaricabile dal sito della Fondazione Zancan. A maggio uscirà anche un volume, firmato da Vecchiato, che raccoglie i passaggi più importanti del dibattito da cui è nata la Carta. Si intitolerà “L’azione volontaria - Dono fraternità bellezza”.
«Uno degli aspetti più significativi di questo testo è che volti e voci non sono solo quelli dei volontari ma anche quelli delle persone a cui il volontariato tende», sottolinea Francesca Di Maolo, presidente dell’Istituto Serafico di Assisi, realtà che si occupa di assistenza di bambini e ragazzi con disabilità. «È importante perché il volontariato è relazione, e la dimensione dell’altro in questo senso diventa fondamentale. Quando leggo “chiamateci per nome” ritrovo l’appello, a volte silenzioso, che mi fanno i nostri ragazzi. Nessuno vuole essere riconosciuto per l’appartenenza a una categoria. E lo stesso vale per gli anziani, per chi vive in condizioni svantaggiate, per chi arriva da un altro Paese. Questa Carta dà voce a tutti, ma la sfida adesso è fare in modo che i valori vivano nella società e siano adottati non solo dalle associazioni di volontariato, ma anche dalla politica, dall’economia. Che entrino a far parte del welfare».
Per Michele Colasanto, professore emerito all’università Cattolica di Milano, la Carta esprime un nuovo linguaggio. «E quando succede questo, significa che esiste un nuovo popolo». Quello dei volontari non è nato l’anno scorso, ma si è proiettato in una nuova dimensione. «La differenza sta tutta nella parola “cura”», sostiene Colasanto. «Il progresso che tutti aspettiamo dal Recovery non è solo tecnologia e capitale umano, ma cura della società. Ecco perché sarebbe fondamentale che un nuovo modello di welfare per la nostra società si ispirasse alla Carta che è nata a Padova». Nata qui ma libera, quasi orfana. «Non è della Fondazione Zancan, né di Padova capitale», dicono Emanuele Alecc i e Tiziano Vecchiato. «Sarà di chi vuole prenderla, leggerla, adottarla, proprio come c’è scritto nell’ultima pagina, in forma di clausola. «La faremo tradurre in varie lingue», fa sapere Alecci, in chiusura. «Magari gli amici di Berlino ne discuteranno, nel loro anno da capitale. Noi apriamo un altro cantiere, adesso. Ci sono in giro per l’Italia tante buone pratiche innovative da far conoscere. Le faremo diventare patrimonio di tutti». —
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