Pfas, ai contaminati sarà filtrato il sangue

Si chiama "plasmaferesi" e sarà offerta gratuitamente ai duemile veneti su cui sono stati riscontrati valori allarmanti

PADOVA. Da metà settembre agli ospedali di Vicenza e di Padova sarà attivata la plasmaferesi per chi ha nel sangue alte concentrazioni composti perfluoroalchilici, i cosiddetti Pfas. L’indagine coinvolgerà circa 2 mila persone, tutti coloro che finora si sono presentati al maxi-screening in atto nel Vicentino.

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Faranno riferimento al Centro di medicina trasfusionale dell’Usl 8 i cittadini che hanno mostrato valori di Pfas fra i 100 e i 200 nanogrammi, mentre tutti i soggetti con valori superiori a 200 nanogrammi si rivolgeranno al Centro immuno-trasfusionale dell’Azienda ospedaliera di Padova.

Il sangue viene filtrato attraverso uno specifico macchinario, il separatore cellulare, che permette il trattamento e la “depurazione” di notevoli quantità in un tempo relativamente ridotto. Il procedimento è lo stesso al quale si sottopongono i donatori di sangue.

Un comitato Zero Pfas a Montagnana
Un comitato Zero Pfas a Montagnana

La plasmaferesi, chiamata anche aferesi terapeutica o plasma-exchange, permette la separazione della componente liquida del sangue (il plasma) dalla componente cellulare per rimuovere le sostanze presenti. Il paziente viene collegato alla macchina attraverso due accessi venosi, che permettono da un lato il prelievo di sangue da depurare e dall’altro la contemporanea reinfusione del sangue depurato, in un ciclo continuo.

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«Il protocollo condiviso con la Regione Veneto si basa sul fatto che i Pfas si legano alle proteine e restano circolanti nel sangue», spiega la dottoressa Giustina De Silvestro, direttore del Dipartimento interaziendale provinciale di Medicina trasfusionale dell’Azienda ospedaliera di Padova. «Sia Padova che Vicenza possiedono le tecnologie necessarie per rimuovere il plasma. La componente liquida infatti contiene i principali veicoli di Pfas: le proteine, in particolare l’albumina. Il trattamento ha l’obiettivo di abbassare i livelli di Pfas nel sangue, trattenendo queste proteine. Per far fronte alla domanda ci siamo divisi i compiti. Vicenza farà un tipo di trattamento un po’più snello e veloce, applicato a un maggior numero di persone. Padova possiede una tecnologia più impegnativa, riservata a coloro che hanno un livello più elevato».

L’accesso al trattamento è gratuito e su base volontaria. Possono richiederlo coloro che si sono sottoposti ai test di screening offerti a Lonigo, Legnago e Noventa Vicentina - ovvero la zona rossa, l’area di 180 chilometri quadrati popolata da oltre 300 mila persone, ritenuta maggiormente colpita dall’inquinamento da Pfas - e negli altri territori colpiti dalla contaminazione, come Montagnana. «Il centro padovano sarà pronto a settembre e da fine agosto si iniziano a fissare gli appuntamenti», aggiunge la dottoressa De Silvestro, «si tratta di trattamenti collaudati e sicuri, che utilizziamo quotidianamente su tutti i nostri pazienti. Ricordo che, a oggi, nessuna malattia è stata direttamente correlata alla presenza di Pfas nel sangue. È stata individuata solo una maggiore frequenza di alcune patologie, ma non c’è dimostrazione di causalità. Come un aumento del rischio cardiovascolare e alcuni disturbi legati al sistema endocrino e alla tiroide».

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