Guida alla previdenza complementare in Veneto

Pensioni aggiuntive, assistenza sanitaria e contrattazione aziendale: una partita da cinque miliardi di euro all'anno. Come accantonare una parte dei risparmi per garantirsi un futuro sereno

Crisi economica e squilibrio demografico, rallentamento del Pil, aumento del debito pubblico e il profondo squilibrio geopolitico globale degli ultimi 30 anni. Queste alcune delle cause della crisi di un welfare state universale che aveva garantito “dalla culla alla tomba” una generazione di italiani.

Un progressivo assottigliarsi delle tutele, della rete dei servizi e delle garanzie sociali e occupazionali che ha dato l'avvio ad una reazione di nome welfare integrato, un sistema di tipo privatistico che mira a mettere in sinergia l'azione dei singoli e della collettività, dei lavoratori e delle imprese, delle istituzioni e del mondo associativo.

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Un sistema che offre ad una società meno garantita l'opportunità di avvalersi di nuovi servizi negli ambiti diversi ma contigui della previdenza complementare, dell'assistenza sanitaria integrativa e del welfare aziendale. Un sistema in evoluzione, presente in Veneto più che altrove in Italia, le cui potenzialità sono ancora parzialmente inespresse.

Questo il senso del Veneto Welfare Day, un giornata, quella del prossimo giovedì 11 aprile, dedicata alla promozione degli strumenti, delle soluzioni e dei casi di eccellenza che fanno del Nordest, e del Veneto in particolare, una delle patrie nazionali del welfare complementare.

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«Tutti ci interroghiamo sulla qualità della nostra vita» spiega l'assessore al Lavoro della Regione Veneto Elena Donnazzan «e immaginare strumenti di welfare non necessariamente a carico della cosa pubblica è oggi fondamentale. In Veneto c'è una tradizione ed una sensibilità su questi temi che è ormai pare della nostra storia ma riteniamo che non sia ancora sufficiente. Per questo abbiamo istituito, in seno a Veneto Lavoro, l'unità operativa Welfare Veneto. Una struttura per promuovere e monitorare previdenza complementare e contrattazione aziendale, servizi di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, diritto allo studio sanità integrativa ecc. Un campo vastissimo della cui importanza vogliamo informare cittadini ed imprese così da liberare nuove sinergie a tutela dei singoli, delle comunità e del territorio»

VENETO WELFARE




Il Welfare integrato anche in Veneto, pure tra le regioni più avanzate del Paese, stenta a decollare. A dirlo sono i numeri degli osservatori in materia di previdenza complementare, assistenza sanitaria integrativa e welfare aziendale che collocano la regione nelle prime 4 posizioni in tutti e tre gli ambiti, ma con percentuali di penetrazione degli strumenti che non superano mai il rapporto di 2 su 5 tra i veneti occupati.

È nel settore della previdenza che il veneto presenta la performance migliore con circa 1 lavoratore su 3 attivo in questo senso (contro una media nazionale, registrata dalla Commissione di Vigilanza sui fondi Pensione, il Covip, intorno al 25%).

Una posizione avanzata che si deve anche allo sviluppo del fondo intercategoriale Solidarietà Veneto, sorto quasi 30 anni fa e oggi forte di oltre 86.400 lavoratori aderenti, 13.000 aziende associate e di un portafoglio gestito superiore a 1,2 miliardi di euro. E se ai vertici della graduatoria nazionale ci sono Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta, dove si raggiunge il 40% di adesioni ai fondi pensione, sono i dati relativi all'inversione dei rapporti tra popolazione attiva e pensionati ad avere dato il via ad una serie di iniziative atte ad accelerare il processo di adesione a questo strumento.

Una tendenza che secondo l'Istat, vedrà in Veneto (oggi forte di una popolazione di 4,9 milioni di cittadini) nel 2040 circa 2,8 over 65 per ogni giovane under 15 (oggi il rapporto è di 1,7) e mentre il numero degli anziani rispetto alle persone in età lavorativa passerà dai 37 su 100 attuali a 62 su 100.

E se la regione Veneto con la legge n. 15 del 18 luglio 2017 ha voluto intervenire sul tema attivando una nuova unità operativa di Veneto Lavoro chiamata Veneto Welfare, (l'art. 55 della L.R. n. 45/2017) nata per la promozione e il monitoraggio degli strumenti di welfare integrato (la dotazione per l'anno in corso è di 400 mila euro), sul piano dei rendimenti tutte le diverse tipologie di fondi attualmente in attività non hanno dato risultati incoraggianti in quest'ultimo anno, pure confermando rese positive nell'arco del decennio 2008 – 2018.

La svolta. «La realtà demografica con la quale dobbiamo fare i conti» spiega il consigliere regionale Antonio Guadagnini, padre della legge regionale sul welfare integrato «non lascia margini di discussione. La previdenza integrativa è una necessità. Ma il Veneto è ancora troppo indietro rispetto a realtà come le Provincie Autonome di Trento e Bolzano. Proprio a quel modello abbiamo cercato di rifarci, pure con dotazioni finanziarie di minore rilevanza, istituendo Veneto Welfare, un'unità operativa che ha il compito di monitorare, dare trasparenza e promuovere l'utilizzo dello strumento nel contempo offrendo strumenti per fornire la cultura finanziaria necessaria ai cittadini per superare le diffidenze legittime nei confronti di un mondo articolato e complesso come quello del Fondi Pensione».

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Le cifre. E se già giovedì verranno aperti, negli uffici delle associazioni e delle categorie, nei Patronati Fiscali, nei Caf e nei Centri per l'Impiego, oltre 200 Infopoint a disposizione dei cittadini interessati, l'obiettivo della Regione è stimolare le sinergie sul piano territoriale.

«La previdenza integrativa può valere potenzialmente 5 miliardi di euro l'anno» continua Guadagnini «di cui, secondo le regole del Covip, Li 10% può essere investito in azioni di sviluppo infrastrutturale del territorio. Uno strumento che il fondo Solidarietà Veneto ha usato per investire negli Hydrobond emessi per la modernizzazione di parte della rete idrica regionale. I criteri di accreditamento dei fondi presso Veneto Welfare prenderanno in considerazione proprio questo aspetto così da stimolare un ritorno, in termini di investimenti, del denaro raccolto sul territorio».

Le sinergie. Ma il compito i Veneto Welfare sarà anche quello di promuovere le iniziative di welfare aziendale stimolando quella collaborazione tra sindacati, associazioni di categoria e imprese, necessaria a dare risposta ad un tessuto economico caratterizzato da una presenza preponderante di piccole e piccolissime imprese.

Un territorio dove la spesa sanitaria non coperta dal welfare pubblico è superiore del 12% rispetto alla media nazionale (642 euro procapite) e dove l'assistenza sanitaria integrativa copre solo il 27,3% della popolazione (contro il 56,6 della Lombardia e il 39,5% del Lazio). «Dobbiamo tornare al concetto costituzionale di sussidiarietà» conclude il padre della legge regionale sul welfare complementare - «che prevede la positiva interazione tra soggetti diversi (imprese, categorie e sindacati) capaci di superare la conflittualità per il bene comune. Esempi ce ne sono già come San.in.Veneto, l'ente istituito da Confartigianato che, facendo rete tra Pmi, ha potuto garantire ai propri dipendenti prestazioni sanitarie pari a quelle delle grandi imprese».
 

UN’AMORE DI AZIENDA




Biblioteche e asili nido aziendali, smart working e supporto alla maternità, fondi pensione e contributi per le spese mediche e scolastiche, ma pure convenzioni con ristoranti, corsi di wellness, piattaforme di acquisto on line per fare la spesa direttamente dall'ufficio e molto altro ancora.

È una lista pressoché infinita quella dei servizi che le migliori imprese venete attive nell'ambito del welfare aziendale offrono ai propri dipendenti ed ai loro familiari. Un ventaglio di servizi aggiuntivi che ha visto un incremento considerevole dal 2016 ad oggi, grazie pure ad un sistema normativo che si è attrezzato per incentivare questi strumenti, riducendo le aliquote previste e detassando i valori convertiti in welfare.

E tuttavia la logica dell'offerta di un lavoro che implichi anche benessere e riscatto sociale in Veneto ha radici antiche, soprattutto nelle zone a più alta industrializzazione come la pedemontana vicentina.

Aree innovative che hanno visto l'impegno di imprenditori e intellettuali come Alessandro Rossi, attivo già nella seconda metà dell'800 nella formazione delle classi popolari e nell'investimento in infrastrutture come asili, scuole e quant'altro. Un impegno condiviso, tra gli altri, con il contemporaneo padovano Leone Wollemberg, fondatore della prima cassa rurale italiana.

Un testimone raccolto più tardi, sulle sponde del fiume Agno, da Gaetano Marzotto, patron dell'omonimo gruppo industriale, all'epoca con sede a Valdagno. Negli anni 20 del secolo scorso qui fondò una Città Sociale che, lungi dal fornire ai dipendenti del lanificio semplici alloggi, trasformava il complesso in un città modello fornita di poliambulatori, un reparto di Maternità, un asilo, ma pure teatri, piscine e così via. Una logica bene interpretata dalle parole di un altro veneto, il fondatore nel 1906, del gruppo farmaceutico Zambon Gaetano Zambon.

«Una società economicamente libera» scriveva l'imprenditore «per esempio una società capitalistica, può essere moralmente accettabile solo se la ricchezza privata diviene fraternità attraverso opere di bene e benessere collettivo attraverso la creazione di mezzi di produzione, miglioramenti concreti, possibilità lavorative e di vita per gli altri uomini».

Una tradizione antica quindi che trova riscontro oggi in un approccio differente, che all'etica antepone concetti economici come quelli di produttività e attrattività delle risorse umane, tanto più strategici nel contesto di un mercato del lavoro la cui polarizzazione implica sempre più una scarsità di competenze ad alto valore aggiunto tecnologico, organizzativo, operativo e quant'altro.

Chiari esempi di questo approccio si trovano in alcune realtà che dal Veneto si giocano un ruolo da leader sui mercati globali come Stevanato group, Carel, Luxottica e molte altre che della formazione e del benessere dei dipendenti fanno una voce stabile del proprio bilancio annuale oramai da tempo, peraltro calibrando i servizi offerti in base alle diverse esigenze dei dipendenti.

«L'esempio tipico» spiega Paolo Feltrin, politologo e docente di Analisi delle politiche pubbliche all'Università di Trieste «è quello di Luxottica che offre ai propri dipendenti sostegno per l'acquisto di libri di testo dei figli fino alla gratuità, borse di studio a tutti i livelli, campi estivi aziendali, sussidio di assistenza scolastica per inglese e matematica così da rafforzare le competenze delle nuove generazioni, ma pure formazione interna, assistenza sanitaria integrativa, prevenzione sanitaria, flessibilità oraria ecc. Una scelta collegata sia misure destinate ad aumentare la partecipazione del lavoratori alla vita aziendale e a ridurre l'assenteismo, incrementando di conseguenza la produttività e soprattutto disponibilità all'impegno. Ovvio che su questi presupposti si preferisce lavorare in Luxottica piuttosto che altrove».

Nel frattempo, secondo il Rapporto Welfare Index Pmi 2018 promosso da Generali Italia con la partecipazione delle maggiori associazioni di categoria (Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato e Confprofessioni), in Italia raddoppiano in tre anni le imprese “molto attive” nel welfare aziendale (dal 7,2% a 14,3%) mentre oltre il 41% si muove per lo meno in alcuni ambiti. E delle 18 realtà premiate durante l'evento di presentazione del rapporto ben 4 sono venete.

«L'interazione positiva tra corpi intermedi e istituzioni regionali, una delle condizioni favorevoli allo sviluppo di questi strumenti» continua Feltrin «in Veneto è attivo fin dai primi anni che seguirono all'istituzione stessa delle Regioni, negli anni '70, nell'ambito della concertazione e dei tavoli sulle crisi aziendali. Una tradizione che fa ben sperare per lo sviluppo di nuove sinergie anche se la strada è ancora lunga».

Ma una ricetta, il docente dell'Università di Trieste ce l'ha. «Come per altre pratiche individuali e comunitarie» spiega Feltrin «si deve rafforzare il valore intrinseco dell'azione attiva anche per il welfare integrato: fare la raccolta differenziata è diventato sinonimo di buona cittadinanza, allo stesso modo ragionare attivamente del proprio futuro pensionistico e di welfare deve diventare caratteristica del bravo lavoratore. Ma anche la territorialità può essere strumento strategico per rafforzare quel sentimento di fiducia che sta alla base di ogni investimento di lungo periodo. Politiche infine di incentivo-disincentivo sono fondamentali per garantire il successo di molti comportamenti, virtuosi di per sé».

Qui il caso di studio diventa quello degli 80 euro del Governo Renzi. «Tra 2015 e 2017 gli aderenti ai fondi previdenziali sono cresciuti da 1,9 milioni a 2,8 milioni» continua il politologo «e la scintilla, più o meno consapevole, è stata proprio quella degli 80 euro. Molti lavoratori sulla soglia dei 24 mila euro, per evitare che l'aumento governativo li spostasse sopra la soglia degli aventi diritto, hanno optato per il trasferimento di quella somma alla previdenza integrativa, non calcolata ai fini Irpef, dando così nuovo impulso ai Fondi Pensione».

WELFARE DAY




Una giornata per fare il punto su di un modello, quello veneto del Welfare integrato, tra i più innovativi del Paese. Giovedì 11 aprile, dalla 9.00 e fino alle 13.00 l'Aula Magna Università IUAV di Venezia nel complesso di Tolentini a Santa Croce, 91 ospiterà il primo Veneto Welfare Day. Un convegno interamente dedicato alla promozione e alle possibili sinergie tra previdenza complementare, assistenza sanitaria integrativa e welfare aziendale.

Una giornata promossa dalla Regione Veneto tramite l'unità operativa di Veneto Lavoro, la neonata Veneto Welfare, che offrirà ai cittadini ed alle imprese, oltre al convegno veneziano, anche 30 incontri territoriali e 50 unità mobili informative dislocate in tutto il Veneto. Ma la giornata sarà anche l'occasione per l'apertura di oltre 200 infopoint, organizzati da Associazioni di categoria, Sindacati, Patronati e CAF, Università, Scuole, Centri di formazione, Camere di commercio, imprese, Istituti di credito e assicurazioni, che hanno aderito all’iniziativa.

Nel frattempo nell'aula Magna dello Iuav di Venezia spetterà al politologo dell'Università di Trieste Paolo Feltrin moderare la prima delle due tavole rotonde della mattinata.

“Le sfide della Previdenza Complementare e Sanitaria” questo il titolo di un confronto che vedrà il contributo di eminenti rappresentanti del governo centrale, del mondo accademico e del sistema regionale. Figure del calibro del consigliere economico alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Alberto Brambilla, anche presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, di Gianfranco Cerea del Dipartimento di Economia e Management dell'Università di Trento di Nicola Alberto De Carlo dell'Università di Padova, di Franco Lorenzon, presidente Solidarietà Veneto, di Franca Maino, Dipartimento Scienze Sociali e Politiche Università degli Studi di Milano, e di Donato Pedron, presidente San.in.Veneto.

A seguire la parola sarà data agli imprenditori, in un momento di confronto in cui aziende del calibro del gruppo Marzotto e di Poste Italiane, grandi gruppi assicurativi (UnipolSai) e rappresentanti delle medie imprese manifatturiere del territorio (Berto's e Arket) si confronteranno con enti e organizzazioni (Camera di Commercio di Treviso e Adapt) sugli aspetti pratici e i casi concreti di welfare integrato adottati dalle loro stesse società.

Un percorso pensato per offrire i migliori strumenti conoscitivi ad un pubblico di cittadini, mondo delle associazioni e delle imprese.

 

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