«Turismo: dai negozi ai servizi, bisogna cambiare visione perché rischiamo di essere tagliati fuori»

Josep Ejarque, destination manager, guru del turismo impegnato con Cortina Marketing: «I nostri operatori

sono strutturati sulle due stagionalità:  questo è il problema»

Francesco Dal Mas

I mercati turistici intercontinentali impongono alle Dolomiti, quindi non solo a Cortina, un’apertura almeno di otto o anche di nove mesi l’anno. Parola di Josep Ejarque, destination manager, il guru del turismo impegnato con Cortina Marketing. Un tema presente in qualche misura da due anni ma che quest’estate è deflagrato; lo testimoniano i soccorsi in alta montagna anche in questi giorni. Ma saranno le Olimpiadi e le Paralimpiadi a rilanciarlo in termini perentori. O ci si adegua, oppure le destinazioni saranno costrettem ad arrancare.

L’estate 2025 è iniziata ancora in maggio e sta concludendosi in questi giorni di novembre, grazie alla presenza di turisti stranieri. La prospettiva?

«Questa è una tendenza che si osserva già a livello internazionale e che andrà sempre di più a consolidarsi, pertanto il turismo non sarà più stagionale. Sono gli otto, anche i nove mesi l’obiettivo che le destinazioni di montagna interne sicuramente devono cominciare a pensare di raggiungere».

Ma la maggior parte delle attività commerciali e di servizio hanno chiuso ancora a metà settembre.

«In effetti, i nostri operatori sono strutturati e operano ancora con le solite stagionalità e questo è un problema. Il settore deve adeguarsi all’evoluzione del mercato. In questi giorni ero in una riunione con le altre destinazioni delle Alpi, francesi, svizzere, austriache e loro lo stanno già facendo. Come Dolomiti o come Alpi italiane non possiamo permetterci di continuare con la nostra visione che non corrisponde a quello che il mercato internazionale, anzi intercontinentale sta cercando, perché rischiamo di rimanere tagliati fuori».

La stagionalità del mercato italiano non fa più testo?

«Il mercato italiano ha una stagionalità abbastanza diversa da quella del mercato internazionale. Se osserviamo i flussi turistici più importanti, fuori dal mese di agosto, questi sono per la maggior parte tutti di stranieri».

Quindi bisogna cambiare. Da dove cominciamo?

«Fondamentalmente più che cambiare dobbiamo di evolvere. Le Dolomiti sono attrattive di per se stesse. Ma non basta. Il cliente oggi vuole fare delle attività».

Quindi dobbiamo destagionalizzare non solo i trasporti, ma anche i musei, gli eventi sportivi e di richiamo, le feste, oltre, ben s’intende, ai ristoranti e agli alberghi?

«Esatto. A Cortina come in genere sulle Dolomiti gli eventi si concentrano in determinati periodi. Invece vanno spalmati su larga parte dell’anno. Vanno pensati in ordine non solo ai visitatori regionali o italiani, ma a quelli tedeschi, inglesi, olandesi, un po’ meno francesi, ma sicuramente gli americani: Cortina ha un numero interessante di giapponesi e di coreani, ma il ragionamento che dobbiamo fare è che questi turisti hanno dei comportamenti diversi dai nostri, quindi dobbiamo far evolvere la proposta delle destinazioni delle Dolomiti».

Quando arriveranno gli arabi ed i cinesi?

«Noi stiamo già lavorando col mercato del Middle East, del Golfo per capirci. Già da due anni stiamo facendo delle azioni, partecipando alla fiera turistica, organizzando dei pre-strip. È un mercato un po’ particolare; ci mette un po’ a reagire, ma succederà».

Vediamo cinesi ed altri orientali d’estate; sempre più numerosi. D’inverno, invece, non si palesano. Perché lo sci nel lontano estremo Oriente non è di moda?

«No, no. Oggi i cinesi vanno a sciare in Francia, vanno a Courchevel, a Meijef, a Chamonix. Eccome se ci vanno. In tanti...».

E quindi si tratterebbe di cominciare a portarne un po’qui da noi?

«Appunto. L’estate ci dovrebbe servire anche per promuovere l’inverno».

Un’altra novità di quest’anno sono stati i numerosi ragazzi. Anzi, le ragazze, che hanno spopolato lungo i sentieri d’alta montagna, sulle ferrate, lungo le Alte Vie, nei rifugi alpini. È una tendenza estemporanea, dettata dal fatto che al mare faceva troppo caldo.

«No. Il segmento giovanile è da tenere molto in considerazione. Per la potenzialità che rappresenta, a patto che si affronti e si risolva un problema».

Quale problema?

«I ragazzi, gli stessi giovani all’inverno, magari per i costi, magari per altre ragioni, fanno fatica a fare delle vacanze, ad andare in pista a sciare. Cresce, al contrario, la loro presenza sulla montagna estiva. Quella della Z generation è una tendenza nuova, da accompagnare, perché contiene altre esigenze. Rispetto alle quali è doveroso creare delle proposte, avere un occhio di riguardo per questo segmento di possibili ospiti. Quello che loro vogliono, i prodotti turistici che richiedono, sono leggermente diversi da quello che preparariamo per i boomer. Quindi dobbiamo articolare diversamente l’offerta. Non possiamo presentarci con proposte uniformi».

I grandi alberghi che si preparano a riaprire a Cortina imporranno anche agli altri stagioni allungate?

«Sì. Il fondo di investimento di solito consegna l’albergo a una grande catena internazionale perché lo gestisca. Questo per Cortina, ma anche per le Dolomiti, è positivo, perché ovviamente loro hanno dei clienti affezionati; questo ci aiuterà ad attirare maggiori flussi turistici internazionali e intercontinentali, per entrare in mercati che magari oggi o non abbiamo o dove ancora siamo deboli».​​​​​​

 

 

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