Amato, odiato, mai banale: storia e imprese dell’esteta Zeman

Zemanologia, Zemanlandia, inverno zemaniano. L'universo di Zdenek Zeman, l'allenatore boemo che tanto ha fatto nella storia del calcio italiano, è ricco di aggettivi, neologismi, metafore.
Perché questo tecnico, nato a Praga nel 1947 ma italiano dal 1975, è talmente unico nel suo genere che si è dovuto coniare un linguaggio tutto nuovo, dedicato a lui e al suo modo di fare calcio. In questo libro dei giornalisti sportivi Massimiliano Paganella e Francesca Spaziani Testa ("Zemanologia. Filosofia di gioco e di vita di un genio del calcio", Ultra Sport, 12,90 euro) c'è tutta la sua carriera, le squadre che ha guidato, le tabelle (massacranti) d'allenamento, gli schemi di gioco (il 4-3-3, uno dei suoi capisaldi), le formazioni, le giornate tipo durante i ritiri e il regime alimentare imposto ai suoi calciatori.
C'è Zeman con la sua aura di eroe popolare, molto amato o molto odiato: non esistono vie di mezzo per lui e per il suo modo di essere. Nel calcio la sua filosofia è quella estetica: il gioco deve essere bello, dev'essere spettacolo, deve divertire. Soprattutto chi lo gioca. Offensivista puro, l'obiettivo delle sue squadre non è mai quello di blindarsi in difesa, ma di verticalizzare sempre, e cercare il gol. «Il boemo è l'uomo delle denunce, delle frasi taglienti, dei silenzi infiniti»: è stato fra i primi, a fine anni 90, a denunciare l'abuso di farmaci e l'uso del doping; a dire che il calcio «deve uscire dagli uffici finanziari»; a parlare di Calciopoli. E tutto, così come lui afferma, per il bene del calcio. Quel calcio che nella sua testa rimane un gioco e non deve diventare industria. Zeman è sia l'uomo dei miracoli (quelli compiuti con il Licata in C2, stagione 1984/85; con il Foggia in B, stagione 1990/91; con il Pescara, sempre in serie B, la scorsa stagione) che l'allenatore dai tanti esoneri (Parma, Lazio, Napoli, Stella Rossa, per citarne alcuni); è scopritore di talenti grezzi come lo sono stati - solo per citarne alcuni - Signori, Totti e Nesta.
Zemanlandia è tutto questo. È l'isola che non c'è del calcio italiano. Da luglio di quest'anno è a Roma, ma in realtà è un luogo senza tempo dove il segreto è la passione, dove si gioca come bambini che tirano calci ad un pallone. «Dove non si bara. Mai».
Annalisa Celeghin
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