«Assoluzione in Appello, ma il radon c’era e ha ucciso»

ABANO TERME. «La recente sentenza della Corte d’Appello di Venezia su Agostino Di Donna non è di certo un’indicazione del fatto che le morti dei militari dell’ex base Primo Roc sul Venda non siano dovute all’emissione di radon».
Sono i responsabili di Unsi Abano (l’associazione dei sottoufficiali) Fabrizio Grazzini e Giovanni Amato a parlare. «L’ex direttore della Sanità Militare è stato assolto per non aver commesso il fatto, non perché il fatto non sussiste. Ci sono dimostrazioni ufficiali e scientifiche che chi si è ammalato di tumore ai polmoni e ha lavorato al Venda è morto per la presenza di radon. Dal 2004 a oggi ci sono stati 60 morti. Per 30 dei quali il comitato di verifica per le cause di servizio ha sentenziato che il tumore ai polmoni è stato causato dal fatto di aver lavorato a contatto con il gas radon».
Ma l’Unsi sta portando avanti un’altra battaglia, che nei prossimi mesi si intensificherà. «Il Consiglio di Stato ha posto un quesito all’Istituto Superiore della Sanità. Ha chiesto di verificare se le morti per tumore degli altri militari che hanno lavorato sul Venda siano tutte riconducibili al radon. Ci spieghiamo meglio, ci sono militari che sono morti per altre forme tumorali, alla vescica, al rene, allo stomaco e il sospetto è che anche questi tumori, così come quello ai polmoni, siano stati causati dal radon». «La riflessione arriva dal fatto che bisogna chiedersi per quante ore il militare ha lavorato nella base, per quanti anni, con che concentrazione. Crediamo che le risposte possano spingere a classificare quelle forme tumorali come direttamente collegate al gas radon». La recente scomparsa di Luigi Tarquini, ex consigliere comunale di Rubano, getta ulteriori paure tra gli altri militari. «Al momento non risultano altri ammalati», concludono. «Ma va anche detto che lo stesso Tarquini non risultava ammalato fino a 4 mesi fa. Noi non chiediamo la testa di nessuno, ma semplicemente che vengano fatte chiarezza e giustizia». —
F.FR.
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova