Breda, la proposta dopo il crac «Centro di riferimento Sla»

VISITA ALLA BREDA Claudio Sinigaglia e Maurizio Molinari a sinistra con don Francesco dentro l’istituto
VISITA ALLA BREDA Claudio Sinigaglia e Maurizio Molinari a sinistra con don Francesco dentro l’istituto
 Far nascere un centro di riferimento regionale per la cura e l'assistenza dei malati di Sla sulle ceneri della Fondazione Breda. Oggi i 25 pazienti della casa sono «ostaggio» di fondi regionali che tardano ad arrivare: 750 mila euro che possono garantire il funzionamento della struttura per un anno. Ieri il consigliere regionale del partito democratico Claudio Sinigaglia ha fatto visita ai malati ospitati nell'ex Ipab di Ponte di Brenta: in venticinque, affetti da malattie neurodegenerative, sclerosi multipla e sclerosi laterale amiotrofica.
 Non più tardi di una settimana fa avevano lanciato un appello al presidente della Regione Veneto Luca Zaia: «Dove andremo se la struttura chiuderà?», «Ci dicono che a marzo dovremo traslocare perché non sono arrivati i fondi per gestire l'istituto». Claudio Sinigaglia sottoporrà il caso Breda alla V commissione, che si riunirà domani a Venezia: «Perché non trasformare la Breda in un centro di riferimento regionale per la cura della sclerosi laterale amiotrofica? Le competenze ci sono, la struttura può ospitare fino a trenta malati».  «Non possiamo continuare a mantenere un progetto di anno in anno - aggiunge - con il rischio che i fondi in qualche modo non arrivino a tardino a giungere a destinazione. L'Usl ad oggi versa un affitto. Non sarebbe più opportuno che pagasse un mutuo e divenisse proprietaria dei locali? Non si può continuare a gestire senza una precisa programmazione».  Il consigliere regionale porterà un'interrogazione ai membri della commissione: «Chiederò che venga trovata una soluzione definitiva per una struttura che avrebbe tutte le carte in regola per divenire un centro d'eccellenza. Il denaro quest'anno arriverà, ma non si possono tenere sulle spine pazienti che vivono in quella struttura, per loro ormai è una casa. Ha una valenza che supera l'aspetto assistenziale. La Regione non può non tenerne conto: è giunto il momento di trovare una soluzione definitiva». I venticinque pazienti attendono in una sorta di limbo il via libera al finanziamento che permetterà alla loro «casa» di tenere aperti i battenti: «Siamo consapevoli - scrivono - di rappresentare un costo notevole per la sanità regionale, ma facciamo rispettosamente presente che, da onesti cittadini veneti, abbiamo lavorato duramente e pagato le tasse per decenni finché la salute ce lo ha consentito».

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