Caro-affitti Ater «Un atto di giustizia Nel piano vendite centinaia di alloggi»

C’è stato un periodo, all’inizio del 2018, in cui la minaccia di un rincaro degli affitti ha prodotto una corsa all’acquisto degli alloggi Ater. La nuova legge regionale era appena stata approvata e fra gli assegnatari più benestanti - o meno bisognosi - c’era più di qualcuno che temeva di perdere l’alloggio. Oggi che l’aumento dei canoni è realtà e se ne misurano gli effetti, gli alloggi in vendita sono - senza eccezioni - soltanto quelli inseriti nel piano ordinario che l’azienda compila tutti gli anni. Non c’è dunque la corsa all’acquisto per evitare l’aumento degli affitti. A proposito del quale il presidente dell’Ater di Padova, Gianluca Zaramella, si concede uno sfogo: «È un atto di giustizia. E tutte queste polemiche non le capisco».
in vendita
Ventuno appartamenti saranno messi all’asta il prossimo 8 agosto nella sede dell’Ater di Padova. Sono tutti liberi e hanno prezzi che oscillano fra i 38 e i 111 mila euro, ma con netta prevalenza della fascia 55-70 mila euro. «Fanno parte del piano ordinario di vendita del 2019», spiega Zaramella. «Nell’elenco ce ne sono alcune centinaia, ma è sempre così. Non significa che li venderemo tutti, ma che possono essere messi all’asta o venduti con diritto di prelazione per chi ci abita». Nel 2019 sono già stati venduti 29 alloggi: cinque a meno di 50 mila euro, due fra i 50 e i 100 mila euro e tre con prezzo superiore ai centomila euro. Nel 2018 le vendite erano state 62 (12 di prima fascia, cioè fino a 50 mila euro; 39 di fascia media e 11 sopra i 100 mila euro). Nel 2017 ne erano stati venduti 36.
i criteri
L’Ater vende per comprare ancora o per ristrutturare il suo patrimonio immobiliare, che al momento conta 9.155 alloggi in provincia di Padova. «Cerchiamo di tenere quello che abbiamo», spiega il presidente, «ma ci sono alloggi del dopoguerra le cui condizioni sono problematiche. Le ristrutturazioni si fanno quando prevedono interventi ordinari o poco più, nell’ordine di 10-15 mila euro. Quando la stima è di 40-45 mila euro o più, non si giustificano i lavori e scegliamo di vendere». Ma non è questo l’unico criterio che porta alla cessione di alloggi da parte dell’Ater. «Vendiamo anche quando, per esempio, abbiamo un solo appartamento in una palazzina», aggiunge Zaramella. «Le proprietà miste ci creano difficoltà». Nel 99 per cento dei casi, l’Ater dichiara di vendere alloggi vuoti. O di cederli a chi li occupa già, che - pur con tutti i distinguo legati a numerose modifiche della normativa - godono di un diritto di prelazione. «E in tutti i casi il ricavato è reinvestito per acquisire nuove proprietà o per ristrutturare quelle che abbiamo già», precisa Zaramella. «Una cosa va chiarita: quando vendiamo, non mettiamo in strada nessuno».
la nuova legge
La legge regionale che adegua i canoni, con l’obiettivo di far pagare il giusto, ha prodotto qualche tentativo di acquisto in più. «Qualcuno ha avuto paura di perdere i diritti acquisiti e ci ha chiesto di comprare», conferma il presidente. «Ma è stato un fenomeno limitato, nel tempo e nei numeri». Oggi, invece, monta la protesta per gli affitti ritoccati verso l’alto. «Sto sentendo di tutto», si sfoga Zaramella. «Ma a parlare sono persone che non conoscono l’argomento. Fra gli assegnatari io registro quasi soltanto consensi, perché si stanno eliminando privilegi inaccettabili. Non è bello sapere che il proprio vicino paga un affitto agevolatissimo e vedere che ha il Mercedes sotto casa. Il canone di 400 euro lo pagano i benestanti o i ricchi, non certo le famiglie bisognose».
la sfida
Zaramella dice di non aver ancora ricevuto una contestazione fondata. «Tutti i casi di reclamo esaminati in questi giorni sono stati respinti e gli assegnatari non hanno avuto niente da ridire. Stiamo azzerando le situazioni scandalose e qualcuno deve ancora dimostrarmi che abbiamo aumentato il canone a famiglie che non possono permetterselo. Poi capiterà anche qualche errore, perché una famiglia può trovarsi in una situazione momentanea che non fa testo. Ma ci sono 24 mesi per rimediare e noi siamo pronti a farlo, se ce ne sarà bisogno». —
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