Caso fecondazioni assistite scattano le prescrizioni

Fecondazione assistita pagata con i soldi pubblici: il caso va avanti, almeno in parte. Il gip Domenica Gambardella ha ordinato la formulazione del capo d’imputazione per il reato di truffa, anche se limitatamente a un unico caso, nei confronti del professor Guido Ambrosini, all’epoca responsabile del Centro di Fisiopatologia della riproduzione nell’ambito della Clinica ginecologica dell’Azienda ospedaliera. Archiviata del tutto l’inchiesta per quanto riguarda il padre Antonio Ambrosini, 77 anni, già direttore della Clinica ginecologica, in quanto le contestazioni si riferiscono a fatti precedenti al 2009 e, pertanto, risultano coperti dalla prescrizione. Significa che l’azione penale non può più essere esercitata perché è trascorso troppo tempo (un tempo rigorosamente indicato dalle norme). Da quella data in poi nulla è più stato contestato al professor Ambrosini che, nell’ottobre 2009 con un anno d’anticipo, aveva scelto di andare in pensione. Lo stesso vale per il figlio Guido, 49 anni, e la dottoressa Alessandra Andrisani, 43 anni (moglie di quest’ultimo e anche lei in servizio nella Clinica ginecologica): sempre per i fatti precedenti al 2009 vale l’istituto della prescrizione.
Diversa decisione per gli episodi successivi al 2009: il giudice ha ordinato alla procura l’approfondimento dell’inchiesta nei confronti dei due medici (Ambrosini junior e Andrisani) per gli altri casi di inseminazione tramite tecnica Fivet successivi al 2009. Ora il fascicolo ritorna sul tavolo del pubblico ministero Roberto D’Angelo che ha ereditato l’inchiesta. E che dovrà provvedere secondo le indicazioni del gip. Gip che si era espresso in seguito a un’opposizione alla richiesta di archiviazione del procedimento penale.
La tecnica Fivet consiste nella fecondazione in vitro dell'ovulo, con successivo trasferimento dell'embrione formato nell'utero della donna. Una circolare emessa dalla direzione sanitaria dell’Azienda ospedaliera di Padova imponeva il pagamento della fecondazione con tecnica Fivet (costo 400 euro). Circa 700 prestazioni, invece, sarebbero state erogate dal 2003 al 2010 dal Centro di procreazione guidato (allora) dal professor Guido Ambrosini dietro semplice pagamento del ticket di 36.15 euro, con ricaduta del costo della prestazione sull’Azienda sanitaria.
Tra il medico e l’Azienda si era instaurato un vero e proprio braccio di ferro. Azienda che aveva denunciato il mancato incasso di centinaia di prestazioni di procreazione assistita effettuate e mai pagate nell’arco di sette anni. Un ammanco stimato in un milione di euro, somma poi ridimensionata a circa 300 mila euro in parte richieste dall’Azienda alle pazienti, salvo poi fare marcia indietro, visto che le donne si sono ritrovate loro malgrado vittime di questa vicenda. La direzione generale dell’Azienda, guidata in quegli anni da Adriano Cestrone, aveva avviato un procedimento disciplinare nei confronti del responsabile del Centro Guido Ambrosini, sfociato in un contenzioso giudiziario reciproco. Il caso era scoppiato nel 2010 quando il nuovo direttore della Clinica ginecologica, il professor Giovanni Battista Nardelli, aveva scoperto che per anni il suo predecessore Antonio Ambrosini e il figlio Guido avevano garantito al prezzo del ticket la fecondazione con tecnica Fivet.
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