«Cyberbullismo, è allarme sociale»
«Riceviamo una cinquantina di segnalazioni al mese, non tutte si trasformano in indagini, ma sono un segnale importante». Tommaso Palumbo, dirigente del Compartimento polizia postale e delle comunicazioni per il Veneto, traccia un quadro del cyberbullismo che coinvolge i giovani e giovanissimi veneti. «Partiamo da un concetto», spiega, «quelli che i genitori si ostinano a chiamare cellulari, e che invece sono degli smart, servono a tutto tranne che a telefonare. Sono protagonisti della vita dei nostri figli e hanno portato spintoni, scherzi e perfino insulti all’amplificazione enorme di internet, attraverso piattaforme velocissime come whatsapp o attraverso i social network. Se prima, alcuni di questi comportamenti venivano sanzionati nel contesto ristretto in cui avvenivano, oggi sfuggono ad ogni gestione perché i testimoni sono tutti, in senso letterale: parliamo potenzialmente del mondo intero. Siamo di fronte ad un allarme sociale, non sono tanto i numeri dei singoli episodi ad essere aumentati (benchè il trend sia in crescita), ma l’amplificazione sociale». Due le grandi categorie di prepotenza: «Mortificazione del soggetto debole di fronte al gruppo o situazioni a sfondo sessuale, per lo più riprese in un contesto amicale o affettivo (tra fidanzatini) che per un abbandono o una lite vengono inviate su internet». Per la vittima del bullo, l’umiliazione e la mortificazione superano i confini della scuola o del gruppo, per l’aguzzino le conseguenze sconfinano nel reato. «Purtroppo», aggiunge Palumbo, «non ci si rende conto che quando siamo chiamati ad intervenire per rimuovere un filmato o una fotografia, in qualità di forza pubblica dobbiamo anche perseguire il reato. E la rimozione non è una panacea: tutto quello che arriva su internet si può rimuovere». (e.s.)
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