Da cinquemila anni l’uomo coltiva la paludosa terra di Stanghella

L’antichissimo insediamento è alle Selve, lungo il Gorzone seguito dalle bonifiche romane e dalla barbarie del Medioevo
Stanghella (PD), 21 maggio 2019. Vedute di Stanghella per articolo Jori. Nella foto: il vecchio municipio ora sede del museo civico etnografico.
Stanghella (PD), 21 maggio 2019. Vedute di Stanghella per articolo Jori. Nella foto: il vecchio municipio ora sede del museo civico etnografico.

francesco jori

A volte, anche una semplice mappa può diventare un libro di storia, a saperla leggere nei dettagli ma soprattutto a trarne indicazioni di più ampio respiro. Lo è di sicuro, per quanto riguarda Stanghella, la grande carta catastale del Cinquecento che oggi è custodita nel pregevole locale museo etnografico (che consente di ricavare un interessante spaccato della colonizzazione di buona parte della Bassa padovana); e che ci presenta un volto del territorio sicuramente molto diverso da quello attuale, ma utilissimo per capire il modo e i percorsi con cui questo piccolo ma significativo centro della Bassa padovana si è venuto sviluppando nei secoli.

La chiave di volta è data dal corso del canale Gorzone, a sua volta ricavato da un’antichissima via d’acqua, la cosiddetta Fossa Lovara, che collegava le parti occidentale e orientale della pianura padovana meridionale. È in un’ansa di questo percorso fluviale che circa 5mila anni fa, in una località chiamata Selva, sorge un primo villaggio, evidentemente con un impianto solido visto che la sua presenza si estenderà per un intero millennio: ne abbiamo testimonianza grazie a un importante ritrovamento effettuato qualche anno fa, nel corso di una serie di lavori di sistemazione idraulica in golena, che hanno consentito di portare alla luce 28 scheletri, molte ossa di animali, e una grande quantità di manufatti in selce e osso, tracce di vita quotidiana di una comunità già consistente. Sempre lungo il Gorzone, nella località Camaron, è stato scoperto un sepolcreto paleoveneto; infine reperti dell’età del bronzo sono stati trovati nella contrada della Pisana.

poche aree fra le paludi

Insomma, l’area risulta sicuramente frequentata già in epoca antica, con insediamenti sparsi nei pochi tratti emersi di quella che all’epoca era in realtà una vastissima area disseminata di stagni e paludi, tra cui il cosiddetto Lago della Griguola, particolarmente esteso, visto che si estendeva in quella fase storica fino ai confini con le odierne Pozzonovo, Anguillara e Boara Pisani: zone preziose per le antiche popolazioni, la cui economia di pura sussistenza si basava soprattutto sulla caccia e sulla pesca. Il primo insediamento di quella che diventerà l’odierna Stanghella si può individuare lungo la sponda sinistra del Gorzone (poi diventerà sponda destra, a seguito delle radicali opere di bonifica effettuate nei secoli successivi).

il declino dopo roma

Il villaggio si consolida e si riorganizza grazie alla presenza romana, anche questa testimoniata da vari reperti che documentano il significativo impatto lasciato anche in zona dall’allora “caput mundi”: una colonizzazione che comincia a strappare terra alle zone acquitrinose, per poterla rendere coltivabile. Ma i secoli successivi al crollo dell’impero espongono il territorio a un pesante degrado, causato dalle devastanti scorrerie barbariche e più ancora dalla mancata manutenzione dei corsi d’acqua, oltre che da una serie di catastrofici eventi climatici. Così, attorno al Mille, la vita deve faticosamente ripartire di nuovo da una serie di piccoli insediamenti sparsi, dove come nel remoto passato si vive di caccia e pesca, accompagnandole con un minimo di orticoltura e con un po’ di pascolo; vengono anche erette alcune chiesette campestri, ed è attorno a quella di Santa Caterina che si viene consolidando il nucleo dell’odierna Stanghella, il cui nome compare per la prima volta in un atto del 1220. —

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