Da macellai alla carne “veg” preparandosi per la sfida ambientale

Il libro sulla famiglia Tonazzo, macellai veneti da generazioni, che ha abbracciato la produzione di carne vegetale come risposta alla sfida ambientale

 

Silvia Bergamin

La carne vegetale prodotta da chi macella carne animale da generazioni: la bella contraddizione – imposta dalla sfida ambientale globale – è stata raccontata in un libro.

«Non ne sapevo nulla, ma sono un giornalista, sono curioso delle storie, e quella della famiglia Tonazzo è ricca di suggestioni».

Esordisce così Marco Panara in “La rivoluzione dell’hamburger. Dalla carne al vegetale, il caso Kioene” (Post Editori) che non racconta una scelta alimentare personale legata alla rinuncia delle proteine animali, ma una storia imprenditoriale, ovvero quella della famiglia Tonazzo, macellai veneti da decenni.

Il visionario fu Albino Tonazzo che intuì, dopo alcuni viaggi in Brasile, che la produzione industriale di carne in un futuro non molto lontano non sarebbe stata più compatibile con la sostenibilità ambientale. Era il 1988, lui aveva appena 24 anni. Un’intuizione da Greta Thunberg ante litteram.

Da allora la vita dell’azienda di famiglia a Villanova di Camposampiero è cambiata. «Io non sapevo nulla di questi prodotti», osserva l’autore, «non facevano parte delle mie abitudini alimentari. Un giorno al supermercato ho visto una mia ex collega davanti ad uno scaffale di burger vegetali, mi sono incuriosito alla storia del marchio Kioene, che detiene circa il 40% del mercato dei burger di verdure».

Una storia potente, che aiuta «perché apre una finestra sull’insostenibilità del nostro modello alimentare nel quale sono centrali la carne, il latte e i suoi derivati. Ossia i cibi che più di altri alimenti contribuiscono all’emissione di gas che alterano il clima, al consumo di suolo e di acqua, alla deforestazione e alla distruzione della biodiversità per coltivare soia.

Basti un dato: sono responsabili di più emissioni di tutto il sistema dei trasporti». Divulgazione: «Questa storia consente di veicolare un messaggio. Stiamo parlando di imprenditori che da quattro generazioni operano nel settore della carne e che si mettono a produrre un prodotto antagonista».

I Tonazzo furono i primi: «Molti produttori di proteine vegetali fanno parte di gruppi nei quali è centrale la produzione di carne, i grandi player globali stanno facendo investimenti sulla carne coltivata, ma è qualcosa che ha a che fare con scelte di business, con un mercato che ora tira, mentre i Tonazzo iniziarono nel 1988: non esisteva la sensibilità ecologica di oggi per la crisi climatica, c’era bassissima consapevolezza, e soprattutto non c’erano prodotti di questo tipo.

Loro hanno di fatto creato un mercato, per anni hanno finanziato la ricerca per arrivare a prodotti proteici vegetali. Trentacinque anni fa c’erano solo seitan, tofu, cominciavano ad emergere i primi prodotti per celiaci, si affacciava il tema delle allergie.

Quando – dal 2010 – questo mercato ha iniziato a crescere, la Kioene c’era, aveva costruito le competenze, ed è diventata leader. Fondamentale è stata la ricerca finanziata con le risorse dell’industria della carne animale».

Temi etici e salvaguardia del Pianeta: «La produzione di proteine animali determina il 15-16% delle emissioni, gli allevamenti sono terribili, pensiamo in che condizioni vivono gli animali. In questo terzo millennio non è più la quantità di cibo disponibile il fattore che segna la storia, ma la sostenibilità ambientale del modo in cui viene prodotto e quella sociale del modo in cui viene distribuito».

Bisogna prepararsi, e velocemente: «La popolazione è destinata ad aumentare, saremo 10 miliardi nel 2050. E la carne animale spesso viene considerata un bene aspirazionale, perché quando si raggiunge un iniziale benessere prima si compra la bistecca e poi forse arriverà la Mercedes.

Quando il benessere si consolida, comincia a ridursi il consumo di carne. Negli Stati Uniti viaggiano a 100 chili all’anno, in Cina sono passati dai 6-7 chili dei tempi di Mao agli oltre 30 chili attuali. E se oltre un miliardo di persone mangia questa quantità di carne l’impatto è enorme. Urge immaginare alternative e diete equilibrate».

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