«Da un libro vero, un film che divide»

Costanzo, Rohrwacher e Franzoso insieme a Padova per “Hungry hearts”
Di Nicolò Menniti-ippolito
SANDRI - PRESENTAZIONE FILM HUNGRY HEARTS AL MULTI ASTRA. DA SX: MARCO FRANZONO, SAVERIO COSTANZO, ALBA ROHRWACHER
SANDRI - PRESENTAZIONE FILM HUNGRY HEARTS AL MULTI ASTRA. DA SX: MARCO FRANZONO, SAVERIO COSTANZO, ALBA ROHRWACHER

Saverio Costanzo e Alba Rohrwacher arrivano a Padova per presentare il loro “Hungry Hearts” in un giorno particolare. Vicino a Ivrea un uomo è morto di fame, convinto che cibo e aria fossero intossicati. Una storia di ossessione tra naturismo e misticismo, che non può non ricordare quella del film, anche se con modalità diverse. Accanto a loro, al cinema Multiastra per l’appuntamento padovano (che è anche l’unico nel Veneto, nei prossimi giorni saranno a Pordenone e a Udine), c’è Marco Franzoso, lo scrittore padovano di “Il bambino indaco”, il libro edito da Einaudi, da cui il film è tratto. Anche lui è colpito dalla vicenda: «Non c’è niente da fare» dice. «Alla fine muoiono».

Un abbraccio, la stima è reciproca anche se per il film non hanno lavorato insieme. «Quello che mi ha colpito» racconta Franzoso «è il rispetto con cui Saverio ha trattato il mio libro. Non mi sono sentito tradito dalla versione cinematografica. Aspetto di vedere il film doppiato in italiano, perché a Venezia ho visto la versione in inglese». Si, perché alla Mostra del Cinema di Venezia il film è stato applaudito, ha fatto discutere, ha vinto i due premi per la migliore interpretazione.

«I numeri di questo film sono piccoli» dice Saverio Costanzo. «Non aspiriamo alle grandi folle, vorremmo però che dividesse il pubblico, lo costringesse a interrogarsi e dai primi riscontri sembra che funzioni».

“Hungry hearts” racconta una storia terribile, la storia di una madre che si convince che il figlio appena nato è un bambino indaco, che deve essere tenuto lontano da ciò che è impuro, in particolare lontano dal cibo che lo corrompe.

Alba Rohrwacher è quindi Mina, una donna ossessionata, sofferente. “Il libro racconta una storia in cui non è difficile credere, perché i personaggi ti sembra di conoscerli, di riconoscerli, anche se dietro c’è l’orrore». Rohrwacher è antidiva per vocazione, lontana da ogni narcisismo, anche se è ormai l’attrice italiana più presente nei festival e con la sorella Alice, regista, rappresenta una bella fetta della internazionalità del cinema italiano. Tra poco sarà a Berlino, in concorso, con “La vergine giurata”, ma lei minimizza. «È un caso che i film che interpreto siano chiamati ai festival, assolutamente un caso».

Saverio Costanzo ha qualche dubbio, vorrebbe dire che forse non è proprio così, ma lascia perdere, di fronte all’imbarazzo di chi non vuole mettersi in mostra. «La cosa più forte» dice «è che la storia scritta da Marco è vera, è una cronaca autentica, tanto che non ho avuto neppure bisogno di lavorare con lui alla sceneggiatura: era tutto lì, con grande chiarezza. È strano ma le storie degli altri mi convincono più di quelle che vengono in mente a me».

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