«Dal nero al non colore» Finzi, mezzo secolo di pittura fuori dalle gabbie critiche

Dino Marangon e Michele Beraldo curano la mostra di Ennio Finzi a Villa Contarini: Dal nero al non colore. Un centinaio di opere per testimoniare il percorso dell'artista veneziano dagli anni '50 fino ad oggi. Un artista che non accetta facilmente le gabbie critiche di chi lo vuole incasellare. A Marangon dichiara di «non sapere cosa voglia dire lo Spazialismo» e che la sua «ricerca è sempre stata all'interno di una condizione scorretta». Anche se nello sviluppo della sua pittura si possono rintracciare alcune influenze importanti. A partire da Vedova che negli anni quaranta lo ha tellurizzato. E' riuscito a scuoterlo spingendolo a scardinare il fare creativo basato sull'unitarietà del pensiero. Poi ammette che l'Astrattismo è stato il suo «codice esistenziale.. interpretato da Kandinsky». Anche se Finzi giudica non realizzata fino in fondo la rivoluzione formale di quest'ultimo, ancora legato alla tavolozza tradizionale, cezanniana, come chiarisce a Michele Barbato.  Forse vale la pena sottolineare che Finzi va oltre l'innovazione aniconica dello stesso Kandinsky ancora legato ad una cromia tonale. Invece Finzi è alla ricerca di un colore e di un segno che rispetti il principio della dissonanza. Principio che gli fa scoprire la musica atonale di Schönberg, dove ogni nota vale per se stessa. Finzi trasporta la novità nella sua pittura. Il rosso, o il nero, che mette sulla tela lo pensa fine a se stesso. In lui predomina la scissione e la disarticolazione delle componenti strutturali della pittura: il ritmo la luce il timbro il colore. Colore che prescinde dal tonalismo della tradizione veneta. Libero da ogni richiamo simbolico. Da ogni influenza esterna o dalle micro luminosità impressionistiche, per intenderci. Una particolare predilezione Finzi riserva al nero. Un «colore estremamente allegro» lo giudica. Ne indaga le vibrazioni e le infinite potenzialità. Nella sua capacità di reagire alla luce quando è invaso da un grumo bianco che esplode e sembra scardinare lo spazio con le sue diramazioni luminose, insieme a tracce di giallo che si sovrappongono, come nel Segno timbrico del 57. La dialetticità tra due non colori che si richiamano continuamente in uno scambio delle parti. Nell'Esplosione dello stesso anno, il nero a macchie ricorda sia la dinamicità impetuosa del gesto di Vedova, sia gli sgocciolamenti filamentosi dell'Action Painting. Una diramazione segnica incalzante che cattura il bianco chiedendone nello stesso tempo il sostegno. Durante gli anni'60-'70 Finzi inserisce le traiettorie di colore in controllatissime gabbie. Nel corso degli anni '80 le sue opere ne registrano l'intrecciarsi caleidoscopico. Con un rosso ondulato che sovrasta la parte superiore della tela lasciata scolare. Negli anni '90 Finzi utilizza la tecnica ad olio lasciando le cromie libere di espandersi o di tracciare impercettibili scie luminose. Nella produzione più recente dell'autore veneziano la configurazione pittorica assume una nuova sensibilità, evitando le sgocciolature e compattando le invenzioni astratte in creazioni figura-sfondo che richiamano le leggi della Gestalt.

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