Dall'abisso ai playoff, ecco perché il Padova può sognare
La sconfitta nel derby con il Cittadella a metà marzo sembrava aver aperto un baratro. Due mesi dopo i biancoscudati lottano per i playoff. L'analisi di Stefano Edel

CURVA ESAURITA. Già venerdì non si trovavano più biglietti per la tribuna Fattori. I tifosi hanno cantato e incitato la squadra senza pausa, con cori anche coloriti. E all’inizio della partita hanno fatto una coreografia bianco, rossa e verde. Gli ultras non avranno limitazioni per la trasferta di Torino, e a questo punto si prevede un esodo di grandi proporzioni.
PADOVA. Incredibile, pazzesco, meraviglioso. E potremmo andare avanti un'infinità, pescando dal dizionario gli aggettivi più calzanti per definire il momento magico che vivono Padova calcistica e la sua provincia. Dal sogno, accarezzato quasi sottovoce per paura di veder svanire l'ennesima illusione, siamo passati ad una realtà bellissima, dove l'entusiasmo a mille e la passione dei tifosi vanno ora convogliati nel più importante esodo da 15 anni a questa parte, domenica 29, a Torino.
Le emozioni che ti regala lo sport, e il calcio in particolare, sono davvero da... infarto. Ma essere testimoni di un'impresa - chè tale dev'essere considerato ciò che hanno realizzato i giocatori e Dal Canto in due mesi e una settimana di lavoro - è un privilegio unico.
Tremavamo, quel lunedì sera 14 marzo, sbeffeggiati (giustamente) dai supporter granata dopo l'esito sconcertante del derby di Cittadella, all'idea di un nuovo epilogo della stagione con i patemi d'animo per i colori biancoscudati. Perchè il pericolo di essere invischiati nella lotta per non retrocedere incombeva seriamente, perchè negli sguardi straniti ed increduli dei giocatori di Alessandro Calori c'erano la confusione e tutto lo smarrimento del periodo nerissimo vissuto dal Padova. Lì la barca avrebbe potuto imbarcare acqua a volontà, sino al punto di affondare. E invece...
Invece, ecco la bellezza e l'imprevedibilità dello sport da noi più amato, in quella notte che segnava l'epilogo dell'avventura del tecnico toscano, un po' presuntuoso e testardo quanto basta per non derogare dalle proprie idee tattiche, maturava la svolta che avrebbe sovvertito pronostici e obiettivi della seconda annata in B: il presidente Cestaro insieme al direttore sportivo Foschi e agli altri dirigenti girava pagina. Via Calori, colloquio con Colomba senza alcun riscontro positivo, infine scommessa - come chiamarla altrimenti? - su Alessandro Dal Canto, l'allenatore della Primavera. Fiuto, fortuna o casualità? Diciamo un po' di tutte queste componenti, ma in quei giorni di comprensibile preoccupazione e di tensione controllata a fatica è venuta a galla, ragionandoci sopra convinti, la soluzione che oggi ci porta ad un passo dagli spareggi per la A. Un traguardo impensabile, solo a parlarne si sarebbero scatenati ilarità e scherno, ma che invece, settimana dopo settimana, partita dopo partita, è diventato sempre più vicino per Italiano & C.
Partite come quella con il Livorno, che giustamente Novellino ha definito da massimo campionato non solo per la bellezza ma anche per l'alternanza delle situazioni verificatesi (vantaggio, pareggio, sorpasso, pareggio e nuovo, definitivo allungo), entrano nella storia biancoscudata di diritto. Il pubblico è stato magnifico (ma lo sapevamo già), i giocatori commoventi, Cestaro con i suoi incitamenti dall'altoparlante un trascinatore. Bisognava vincere e si è vinto, confermando che l'alchimia raggiunta fra il 36enne mister trevigiano e i suoi giocatori è l'arma in più del gruppo, a cui niente ora è più precluso.
Basta un punto per entrare nel quartetto che si giocherà la terza promozione in A, e qui non si può far finta di non vedere o sentire: l'obiettivo impone una mobilitazione generale verso Torino. Si torna, dopo stagioni di oblio e di sofferenza infinita, a credere in qualcosa di straordinario, la possibilità di accedere al campionato più prestigioso. E ci si arriva con il cuore, il cervello e le gambe di un gruppo rinato grazie a poche, ma significative regole trasmesse allo spogliatoio da un giovanotto che, sino a due anni fa, quelle regole se le vedeva impartire, stando seduto su una panca ad ascoltare, da gente più vecchia di lui. Crediamoci, dunque, e ognuno, istituzioni comprese, faccia la sua parte. Perchè se si va ai playoff, signori, rischiamo di vederne davvero delle belle.
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