Don Tiziano a messa non parla dell’inchiesta

Alla messa festiva delle 9.30, nella sua Villa del Bosco, don Tiziano Bruscagin appare sereno. In chiesa, in tunica bianca, saluta i fedeli delle prime file prima di andare a completare la vestizione con i paramenti sacri. Una serenità che contrasta non solo con il cielo grigio di una domenica malinconicamente autunnale, ma soprattutto con la bufera giudiziaria che ancora una volta lo vede protagonista. Eppure da queste parti è come se non fosse successo nulla.
Tra Villa del Bosco e Goro non c’è solo una discreta distanza geografica, ma anche lo spartiacque tra la vecchia e la nuova vita di don Tiziano. Per la gente della frazione, don Tiziano da quasi vent’anni è quello che si definisce un buon parroco, di quelli di una volta. Può piacere o no, ma alla fine ha rappresentato un punto di riferimento per l’intera comunità che ha preso per mano quotidianamente. Dall’anno scorso, per raggiunti limiti di età e per una riorganizzazione territoriale, non è più parroco ma collaboratore pastorale della locale unità pastorale.
Lo ha voluto puntualizzare con una nota la stessa Diocesi che, apprese le nuove vicissitudini, di certo non ha dato l’impressione di fare quadrato intorno al sacerdote.
Nella chiesa dedicata ai santi Nicola e Rocco i fedeli non raggiungono il centinaio. Il prete settantottenne, originario di Arre, non fa accenno alla sua situazione nonostante a pochi metri dalla chiesa l’edicola esponga le locandine dei giornali. Probabilmente, tra i presenti, in pochi sanno che è stato indagato per la seconda volta per false informazioni al pubblico ministero sull’omicidio del 18enne di Goro Willy Branchi. Una storiaccia del 1988, quando un ragazzo fu trovato nudo e con la testa fracassata sull’argine del Po di Goro, freddato con una pistola da macellaio.
Don Tiziano, parroco per oltre trent’anni nel borgo ferrarese, Willy ha fatto in tempo a battezzarlo e a seppellirlo. La famiglia Branchi è convinta che il sacerdote sappia tutto sul delitto rimasto senza colpevole, ma non abbia mai voluto dire niente.
Da parte sua don Tiziano si è sempre trincerato dietro al silenzio, al massimo attribuendo le sue conoscenze a quello che, come tutti, aveva sentito dire in giro.
«Dio ci chiama e ci cerca» dice durante l’omelia «nonostante gli ostacoli e il sentiero tortuoso che la vita ci mette davanti». Per chi conosce la sua situazione sembra quasi parli a se stesso. Chiaro, è solo una sensazione.
L’inchiesta sul caso Willy è stata riaperta nel 2013, dopo che in una telefonata a un giornalista don Tiziano aveva lasciato intendere che qualcosa in fondo sapeva. Davanti al giudice aveva poi ritrattato e la sua posizione si stava avviando a essere archiviata, prima che un nuovo pm rilanciasse l’inchiesta.
La messa intanto è finita. Don Tiziano, con un sorriso saluta tutti augurando una buona domenica. Neppure il tempo di cambiarsi ed è già in auto. Tra pochi minuti dovrà celebrare un’altra messa in un altro paese. —
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova