Ennio Marchetto Un mondo di carta ma senza politici

In principio fu la carta: tagliata, arricciata, colorata e pinzata per dare corpo a un sogno. Ventidue anni e migliaia di spettacoli dopo, è ancora, sempre e solo carta: che il titolo dello spettacolo sia Cartonissima, Carta Diva o A qualcuno piace carta il succo non cambia. Si entra in teatro, per un'ora si viene travolti da una girandola di colori, di suoni, di risate e quando le luci si spengono si resta con la voglia di cominciare daccapo, per cogliere meglio un dettaglio, un passaggio, una sfumatura.  Così lo spettacolo attraversa 60 paesi del mondo, resta per mesi in cartellone a Tokyo, a Parigi, a New York, ultimamente anche a Madrid perché quando c'è aria di crisi lasciateci almeno divertire; in Italia vederlo è più raro, c'è la storia del profeta e della patria. In Veneto lo hanno visto meno che a Londra. Eppure ogni volta che arriva è una festa.  L'uomo di carta è Ennio Marchetto, trasformista veneziano, 51 anni, autore e attore di uno spettacolo che non ha uguali al mondo - anche se vanta tre tentativi di imitazione in Germania, due in Francia, e una serie di piccoli cloni nei locali gay dove il trasformismo va alla grande perché è la quintessenza dell'eccesso e dunque del divertimento.  Potrebbe tirarsela alla grande, raccontare di studi, di ricerca, di filosofia del teatro povero: preferisce la verità, e racconta di essere diventato quel che è diventato - il re dei costumi mutati realizzati con il materiale più banale ed economico che c'è - perché aveva questa passione dentro e altro non avrebbe saputo fare. La sua strada l'ha trovata senza tentennare troppo: prima le maschere a Venezia, quando ancora non c'era un negozio per ponte e i cinesi avevano altro a cui pensare; poi subito il teatro da trasformista, con la carta perché gli piaceva maneggiarla e addomesticale e perché in sogno gli era apparsa Marilyn con la gonna bianca che si alzava al soffio del metrò, e gli era sembrato un presagio. Realizzato grazie al felice e inossidabile sodalizio con Sosthen Hennekam, che lo ha visto una sera in scena agli esordi e da creativo inesauribile qual è ha messo mano all'ingegneria teatrale dei costumi e della loro costruzione.  Così, cartone dopo cartone e pennarello dopo pennarello, Marchetto si è inventato un genere e ha costruito, con Hennekam, 200 personaggi; molti importati dal mondo gay, dove le icone sono Mina, la Carrà, Lady Gaga, per i loro eccessi e per la loro capacità di saper cambiare. A chi gli chiede di fare Berlusconi (in Spagna, Zapatero), ha sempre risposto no: i politici a qualsiasi latitudine e di qualsiasi schieramento sono per definizione poco divertenti, i loro vestiti mal si prestano a essere rappresentati e comunque non sono caratterizzanti, abbinarli a una canzone per farli entrare nel cliché dello spettacolo è praticamente impossibile.  E allora meglio Giusy Ferreri, Ornella Vanoni, un mitico Bob Marley con i piedoni affondati in una coltivazione di marijuana: i costumi di carta addosso a lui appaiono, scompaiono, si moltiplicano e - ovviamente - si trasformano al ritmo di canzoni che l'attore recita da mimo in play-back e che aiutano nell'identicazione del personaggio.  Talvolta, quei vestiti si strappano ma in camerino ci sono sempre un nastro di velcro, una cucitrice e una scorta di punti per ripararli.  Marchetto in 22 anni ha attraversato tutti i destini del teatro degli altri; ha visto i mostri sacri patire la crisi di botteghino, e ha visto i nuovi comici figli della tv sbancarli allegramente; ha visto cartelloni ridursi rosicchiati dalla crisi ma per lui e i suoi eroi di carta le platee erano e sono sempre gremite.  Teatro povero, non povero teatro: tutta la scena pesa 35 chili e viaggia in uno speciale tubo di cuoio da portare in spalla.  Questa sera, Marchetto arriva con A qualcuno piace carta al Pride Village in Fiera a Padova, tra una tournée in Olanda e le date già in programma a Barcellona.  In principio fu la carta e lo è ancora. E dopo? Non c'è una scuola che insegni i segreti di colla e tiranti: a un allievo Marchetto potrebbe anche insegnarlo, ma nessuno finora si è fatto avanti chiedendo di imparare. All'esterno lo show è talmente richiesto che lui e Hennekam hanno pensato di clonarlo: dare i costumi a qualcuno che imparasse la tecnica e la facesse vivere sulla scena. Niente da fare. Quei costumi sembrano animarsi solo quando lo indossa lui.  

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