«Estetica, la vanità dei padovani ora guarda al lato B»
Il chirurgo Pallaoro racconta i suoi 35 anni di attività durante i quali ha realizzato quasi 20mila interventi

MALFITANO-AGENZIA BIANCHI-PADOVA- STUDIO DOTTOR PALLAORO
PADOVA. «La tendenza dell’estate 2017? Il “lato B”, è il riferimento sessuale del momento». Parola di Carlo Alberto Pallaoro, uno dei punti di riferimento in Italia per la chirurgia estetica che festeggia i 35 anni di carriera. Nel suo studio a Padova, nel famoso Palazzo Ezzelino, ha realizzato quasi 20 mila interventi. «Oggi il 40% dei pazienti arriva dall’estero, Padova è diventata un centro importante». Di origini argentine (il padre era segretario della Camera di commercio italiana in Bolivia), ha studiato medicina in Brasile, la patria della chirurgia esterica.

MALFITANO-AGENZIA BIANCHI-PADOVA- STUDIO DOTTOR PALLAORO
Dottore, perché è arrivato a Padova?
«Per l’università. Padova era considerata la capitale mondiale della medicina. Per cui venire qui era molto qualificante».
E perché ha scelto proprio la chirurgia plastica?
«È stata un’evoluzione dei miei studi. Io ho fatto chirurgia generale e poi anche ostetricia. Poi però ho scelto la chirurgia estetica. Uno dei miei maestri padovani, Giovanni Dogo, un luminare che creò la prima “banca della cute”, diceva che alla fine tutte le specialità sono soprattutto estetiche».
Ma la chirurgia estetica è solo per i ricchi?
«Macché. Noi curiamo tutti coloro che hanno un problema. Come i bambini con le orecchie a sventola, una situazione che produce un disagio psicologico gravissimo. Li operiamo in anestesia locale e dopo 40 minuti vanno a casa. È un lusso questo? Noi facciamo anche ricostruzione di seni alle donne che rimangono senza dopo un tumore. Quello non è un vezzo».

Non si potrebbe però insegnare al bambino che si può anche essere brutti e vivere bene lo stesso?
«Ma perché bisogna accettare di essere brutti? Mi sembra un pensiero influenzato da una certa tradizione religiosa. Oggi viviamo in un’epoca maggiormente secolarizzata. Non dobbiamo essere per forza felici se siamo tristi. Oppure accettare il concetto che più triste sei e più Dio ti vuole bene. C’è una compensazione psicologica che la chirurgia estetica dà a un disturbo».
Rispetto a 35 anni fa cosa è cambiato?
«È cambiata tantissimo la facilità delle operazioni e i tempi chirurgici si sono ridotti tantissimo: adesso facciamo un naso in 18 minuti. Senza echimosi, senza gonfiori. È frutto anche della ripetizione di questi interventi per tante volte. Facciamo un lifting completo in un’ora e dieci».
La tecnica è diventata più accurata?
«Quando negli anni ’70 il medico brasiliano Ivo Pitanguy inventò la chirurgia estetica facevano interventi che oggi sarebbero da denuncia. Ma il grado di soddisfazione che all’epoca pretendeva il paziente era molto relativo. Oggi il paziente pretende un risultato praticamente perfetto. E la perfezione è “amica” della ripetizione» .
E poi?
«Internet ha cambiato il nostro mestiere. Io oggi ho il 40% di clienti stranieri. Qualche giorno fa è venuta un’americana da New York: perché si fa un volo transoceanico per arrivare a Padova? Perché ci ha visti sul web»
Quanto la moda e i costumi influenzano la chirurgia plastica?
«Oggi il sedere è il simbolo sessuale più richiesto. Più che il seno conta il “lato B”. Per questo usiamo la lipoinfiltrazione, cioè aspiriamo in altre parti del corpo e ricollochiamo il grasso nei glutei, per renderli più prorompenti».
E gli uomini cosa chiedono di più?
«Il trapianto di capelli, ovviamente. Ma la stessa operazione la possiamo fare anche per rinfoltire la barba».
Nel suo studio sono arrivati anche personaggi famosi?
«Moltissimi, ma per motivi di privacy non posso rivelarli. C’è stato chi ha voluto dirlo spontaneamente, come Helmut Berger, uno degli uomini più belli del mondo. Era esteticamente distrutto, gli abbiamo fatto un lifting ma ha chiesto anche l’operazione di allungamento del pene».
L’intervento più curioso che ha fatto?
«Ad una signora di Firenze 22 anni fa che aveva sofferto un’ustione talmente grave che era rimasta con il collo attaccato al petto e non riusciva neppure più a parlare. Le ho fatto un’addominoplastica per prendere la pelle dall’addome che poi abbiamo applicato sul collo. Non era mai stato tentato prima».
Un chirurgo estetico deve avere anche un po’ di fantasia?
«Serve anche una conoscenza approfondita del corpo umano. Un altro intervento difficilissimo che ho fatto è stata la ricostruzione di un seno. In particolare la creazione dell’areola attorno al capezzolo. Sa come ho fatto? Ho utilizzato lembi di altre parti del corpo».
Quale sarà il futuro della chirurgia estetica?
«Il futuro sarà sempre più giocato sulla precisione e sulla cura del dettaglio. Come nell’alta sartoria».
C’è un esplosione di low cost, specie all’estero. La teme?
«Sono delle nicchie di mercato. Se una persona predilige solo il risparmio può andare a Bangkok o a Istanbul. Ma la qualità si paga. È come per una cena: si può andare a mangiare il pesce in un sottoscala o in un buon ristorante. Ognuno è libero di decidere. E poi c’è anche la sicurezza: in Italia le norme di legge sono giustamente rigide, non ci sono stanzette improvvisate».
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