Federica sepolta nel lago con il cranio fracassato

La donna ripescata nel Garda è Federica Giacomini: è stata massacrata 5 mesi fa e chiusa in una cassa gettata in acqua
ritrovamento cadavere ex pornostar
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PADOVA. Franco Mossoni ha ucciso la sua ex Federica Giacomini (alias Ginevra Hollander) fracassandole il cranio. La salma della 42enne di Vigonza, ex attrice hard, è stata riconosciuta ieri anche dall’avvocato dei familiari di Federica, Paolo Mele senior, durante l’esame autoptico all’Istituto di Medicina legale di Padova effettuato dal professor Massimo Montisci e dal dottor Giovanni Cecchetto. «Anche in queste condizioni si può tranquillamente affermare che il corpo è quello di Federica. La tac ha ribadito che alcune caratteristiche del suo corpo corrispondono a quelle evidenziate dall’esame», aggiunge Mele senior. La salma era integra e riconoscibile, soprattutto nel volto. Era solo un po’ alterato dalla permanenza in profondità. La bassa temperatura ha contribuito a conservarlo abbastanza bene e questo ha facilitato i riconoscimento. La donna indossava degli abiti e presentava ferite alla testa. A confermare che quelli emersi in una bara dal lago di Garda, martedì pomeriggio, sono i resti di Federica Giacomini, anche la mancanza della falange del quarto dito della mano destra.

Sepolta nel lago. Mossoni, dopo avere ucciso Federica, l’ha chiusa in una cassa azzurra e gettata nelle acque del lago di Garda davanti al piccolo paese di Castelletto Brenzone. Per farlo, il compagno di Federica si è travestito e fatto passare per biologo. Ha così trasportato quella cassa con tanto di antenne, finti pulsanti e finestrella per fare passare l’acqua; spacciandosi per un biologo. Ha studiato bene la morfologia del luogo e quella del lago. È andato e tornato da Castelletto Brenzone più di una volta (prima e dopo l’omicidio, prima e dopo la “sepoltura”) fino a quando non ha trovato un barcaiolo che ha accettato di accompagnarlo in mezzo allo specchio d’acqua dove poi Mossoni ha inabissato la bara di Federica travisata da attrezzatura per studiare i fondali.

Data e luogo dell’omicidio. Secondo le ricostruzioni della Squadra mobile vicentina, coordinata dal vice questore Michele Marchese, Mossoni avrebbe ucciso Federica Giacomini, la donna con cui conviveva a Vicenza, in un giorno compreso tra il 14 e il 19 febbraio. Il 19 febbraio è infatti l’ultima volta che i telefonini di Mossoni e di Federica Giacomini, dai tabulati delle celle telefoniche, sarebbero stati accesi nello stesso posto e allo stesso tempo. Fino a quel momento, insomma, i due erano sicuramente insieme. Rimane poi da capire dove Mossoni abbia ucciso la compagna. La polizia non ha trovato tracce di sangue in nessuna delle case abitate dalla coppia: né a Vicenza né a Pescantina (Vr). Non ci sono tracce di sangue nemmeno nelle auto guidate dai due, la Fiat Punto di Mossoni e la Ford Fiesta di Federica. L’aggressione mortale potrebbe essere avvenuta in uno spazio aperto, magari nei pressi del parcheggio di Pescantina dove è stata recuperata l’auto (incidentata) di Federica.

Le indagini. La Polizia si è attivata appena gli investigatori hanno capito che Mossoni (apparso vestito da “Rambo” all’ospedale San Bortolo) divideva un appartamento, in via Bedeschi a Vicenza, con una donna di cui era stata denunciata la scomparsa: Federica Giacomini. Così sono iniziate le ricerche sui movimenti bancari della donna e sui suoi spostamenti, su tabulati e tracciati delle celle telefoniche dei cellulari di lui e di lei. La svolta una quindicina di giorni fa, quando la Polizia (incrociando le celle telefoniche) arriva sino a Castelletto Brenzone, paesino sulle rive del Garda. Dove un testimone ricorda perfettamente un uomo che sosteneva d’essere un biologo promettendo decine di posti di lavoro per una ricerca che avrebbe dovuto compiere. Spunta poi anche un’altra persona. Un barcaiolo. Perché Mossoni ha necessità di inabissare la bara e di farlo in fretta. L’uomo, quindi, accompagna “Rambo” nel mezzo del lago con la sua barca senza immaginare che dentro a quel parallelepipedo azzurro ci sia il corpo di una donna. Individuato il luogo cominciano le ricerche per ripescare il contenitore gettato nel lago. La polizia impiega un sonar speciale, poi anche una telecamera per osservare i fondali. Quando le immagini mostrano, nitidamente, la scatola, intervengono due “Rov” piccoli robot in uso alla polizia che portano la “scatola” con i resti di Federica sino a 30 metri di profondità. Da qui in poi intervengono i sommozzatori volontari .

Il legale di Mossoni. «Lui non è mai stato un violento», sostiene Gerardo Milani, l’avvocato che lo segue da una dozzina d’anni. «Soffre di sindrome bipolare. È vero, ha un precedente per omicidio. Ha scontato 14 anni di carcere e periodi in ospedali psichiatrici, ma non è mai stato un violento. Se Federica fosse stata vessata da lui sarebbe bastato che lo denunciasse per toglierselo di torno».

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