Federico e Giorgia: «Non sei più qui ma ti sento ancora»

PADOVA. Quella di Giorgia e Federico è una storia bellissima. Una storia di dolore profondo e di amore profondo. Una storia che è finita sulla terra il 18 agosto dell’anno scorso, quando il cancro (un linfoma) ha tolto l’ultimo respiro a Giorgia Libero e la sua infinita bellezza: viveva a Casalserugo, aveva 23 anni. Ha lottato per due anni la sua guerra: l’ha raccontata sui social, è diventata un’icona, un simbolo di speranza e di umanità
Ma per quanto questa terra ci dia e ci tolga, qualcosa di te rimane sempre nel cuore delle persone che ti hanno amato.
«Giorgia è stata la mia vita per due anni, e adesso anche se non è più fisicamente su questa terra, continua a guidarmi», dice Federico Morandi, 31 anni, il fisico asciutto, gli occhi accesi, la voce veloce quanto i ricordi che gli sfilano davanti. Sono passati dieci mesi da quando la sua Giorgia non c’è più, e in suo nome ha partecipato a dare vita ad un’associazione (Giorgia Libero onlus) e ai primi eventi.
I loro sguardi al mare.
Federico incontra Giorgia l’estate del 2014. «Ero appena tornato dagli Usa, ero stato in vacanza dopo essermi lasciato con la mia ex. Non avevo voglia di altre ragazze, volevo passare un po’di tempo da single, trovare un nuovo equilibrio. Però succede che vado a una festa a Sottomarina e la vedo. Bellissima. Piena di gioia. Ed è come se nel momento in cui ci siamo visti avessimo capito subito che non potevamo più lasciarci...». Esistono le anime gemelle? Com’è che ci riconosce d’improvviso? Come capita che qualcosa risuona dentro di noi, ci chiama, ci spinge verso un destino? «Io non volevo una storia, ma Giorgia insisteva e dentro di me mi dicevo: come faccio a stare senza di lei? Era un terremoto, era un’onda di pura energia».
La telefonata disperata.
Federico e Giorgia da quella sera si vedono sempre. Dice Federico: «È stato un mese meraviglioso, il più bello che ricordi. Lei mi trascinava nella sua felicità, mi sentivo vivo. Poi è arrivata quella telefonata...». Giorgia fa un visita in ospedale per un fastidio al petto, il responso è terribile: cancro. «Piangeva, era disperata perché sentirsi dire che hai un linfoma a 20 anni non è giusto. Eravamo innamorati con addosso questa cosa. Io avevo perso due anni prima mia mamma sempre per un tumore. Mia madre aveva una sensibilità incredibile, credo di aver preso qualcosa da lei. E insomma, da quel giorno con Giorgia è cominciata un’altra storia. Non meno bella, non meno intensa, non meno importante».
Una storia di ospedale, di visite, di interventi. Giorni in cui Giorgia non sta in piedi, giorni in cui intravede la speranza, giorni in cui tornano dolore e amarezza. «Ma non si è mai arresa, ha sempre lottato con grande coraggio. Ci vedevamo tutti i giorni, ci vedevamo perché volevamo stare vicini. Abbracciati. Mi ricordo quante volte in ospedale, tra medicine e cerotti, seduti sul letto bianco, ci abbracciavamo e stavamo così tutta la sera. Perché noi due di questo avevamo bisogno: della nostra presenza».
L’esplosione dei social.
Più la malattia avanza, più Giorgia sta in ospedale a Padova. E scrive. E scatta foto. E racconta di sè e di quel cancro a cui mostra il dito medio. «Giorgia ha sempre amato i social, e a un certo punto ha deciso di non nascondere nulla, di mostrare tutta la sua umanità. È successo che sempre più gente ha iniziato a seguirla, a scriverle, a incoraggiarla. A un certo punto arrivavano così tanti messaggi che la aiutavo a rispondere, e ancora non bastava. Giorgia era speciale: in tanti la amavano e ammiravano senza averla mai conosciuta».
VIvere senza Giorgia.
«Io e la famiglia di Giorgia abbiamo voluto dare concretezza a una sua volontà: una onlus per la ricerca contro il linfoma. Per questo è nata la Giorgia Libero Onlus. E comunque io Giorgia la sento ancora...»
Quando due persone si sono amate intensamente, le loro anime restano in contatto? Giorgia guida Federico nelle scelte più importanti, come quando era viva accanto a lui: «Io gioco a calcio, sono un portiere. Prima di morire Giorgia mi disse: cambia squadra, vai a Limena e vinci il campionato. Così ho fatto: sono andato, e abbiamo vinto». E poi? «Adesso Giorgia c’è, si fa sentire quando sono in ufficio, quando guido e lei è seduta accanto proprio nel posto che era suo. E anche questa partita di calcio all’Appiani è nata da lei... Ero al parco, quando lo sguardo mi è caduto su un pallone calciato da un bimbo. E Giorgia mi ha suggerito: “È arrivato il momento che organizzi qualcosa per me con il pallone...”. All’Appiani oggi (domenica 11 giugno ndr) vedrete che da qualche parte ci sarà anche lei».
l. barsotti@mattinopadova. it
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