I cent'anni del Sant'Artemio
A Treviso rievocata la storia del manicomio che ospitò Gino Rossi e i soldati colpiti da nevrosi di guerra

C'è la camicia di forza. C'è la macchina con cui si praticava l'elettroshock. Ci sono le bende con cui si legavano i pazienti ai letti. Ma ci sono pure le testimonianze scritte dei soldati colpiti da nevrosi di guerra e che, fra il 1915 e il 1917, trovarono ricovero proprio nell'ex ospedale psichiatrico. E novità, i disegni del pittore Gino Rossi, che qui fu internato e morì nel 1947. Luogo di sofferenza, dolore, emarginazione. I «100 anni del S.Artemio» rivivono in una mostra intensa e toccante inaugurata venerdì nel foyer della Provincia e aperta fino al 30 luglio. Le curatrici Luisa Tos, Paola Bruttocao e Raffaella Frattini hanno sintetizzato in 40 pannelli la storia del manicomio iniziata il 1 luglio 1911. Foto e documenti messi a disposizione da privati o dagli archivi del Fast, con il contributo del Dipartimento di salute mentale dell'Usl 9. L'esposizione è un viaggio, per parole e immagini, attraverso un sentiero di isolamento e afflizione. Si fanno scoperte, si ripercorre un secolo di vita. Si viene a sapere che alla sua nascita, il centro era dotato di un impianto di riscaldamento autonomo: prima struttura a Treviso a disporre di «pompe di calore», che all'epoca né l'ospedale civile né le caserme avevano. Si trovano foto, lettere, articoli di giornale. Si legge «L'Avvenire d'Italia» che venerdì 30 giugno 1911 titolava: «Il nuovo manicomio di Treviso». Si rievocano le giornate dei pazienti fino alla legge Basaglia: 20-30 mila persone provarono le angosce del S.Artemio. Ci sono le immagini d'epoca: cucine, infermerie, dormitori, soggiorni. Ma si rivivono poi i momenti della quotidianità: il S.Artemio era stato concepito con un approccio più «umano» rispetto ad altri manicomi. Esisteva infatti l'ergoterapia: il lavoro come strumento di cura. I pazienti maschi coltivavano ortaggi e faticavano nell'ex colonia agricola, oggi Parco dello Storga. Oppure si dedicavano all'allevamento degli animali (maiali e altro) nelle attigue stalle. Le donne invece erano dedite al cucito o realizzavano materassi. Ma la struttura ospitò anche i primi studi sui soldati reduci dal fronte. Dal 1940, arrivarono poi malarioterapia ed elettroshock. Il percorso complesso di un centro che Pino Sticotti raffigurò nel quadro (1916) esposto all'ingresso della mostra. Che è altamente istruttiva nel suo valore documentario.
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