Il beato Pellegrino Se ti chiami Antonio vietato diventare santo
Disse il papa: «Ai padovani ne basta uno» Così quel povero laico non venne mai canonizzato

Antonio Pellegrino si è fermato alle porte dell'empireo! «De uno vobis sufficiat Antonio!», come a dire: «Vi basta un solo santo di nome Antonio!». Sembra che il papa abbia risposto in tal modo ai padovani che gli chiedevano, a fine secolo XIII, la canonizzazione del beato Antonio Pellegrino, morto il 30 gennaio del 1267. E così ad Antonio Manzoni, figlio di Andrea Marsilio Clarioto e di donna Dolcemia, è stata preclusa la possibilità di essere venerato col titolo di santo, nonostante la fama di taumaturgo, tanti i miracoli da lui operati dopo morte. La situazione perdura ai nostri giorni perché a nessuno più interessa che il Pellegrino, il quale nacque a Este dalla famiglia Manzi, poi Manzoni, ricchi borghesi macellai, abbia gloria maggiore, dato che a Padova furoreggiano da secoli Antonio da Lisbona e Antonio abate. Eppure nella seconda metà del XIII secolo il Nostro godé di un formidabile culto. Un culto promosso dal Comune di Padova che desiderava contrapporlo al Lisbonese, perché non di stirpe aristocratica, laico e non religioso e perché il nonno aveva ricoperto incarichi pubblici, occupandosi anche di questioni relative al monastero di Santa Maria di Porciglia, ove vissero due sue sorelle monache. Sepolto nel cimitero del monastero camaldolese di Santa Maria di Porciglia, alcuni mesi dopo fu traslato nella chiesa. Con la guerra del 1509, a causa del "guasto", il cenobio e le strutture annesse furono distrutte e le spoglie di Antonio Pellegrino finirono nella chiesa di Santa Maria dell'Arzere, da allora chiamata del "Beato Pellegrino", situata nell'omonima via. All'interno di questo luogo di culto rimane un grande reliquiario che conserva un osso del beato e un dipinto, mentre il corpo venne trasferito nella chiesa dell'Immacolata, il 28 novembre 1864. Perché il papa si oppose alla canonizzazione? «Forse - commenta Antonio Rigon, che del Pellegrino ha prodotto uno studio - fu l'appropriazione da parte del Comune, in anni di crescente contrasto col vescovo e col clero, il coagularsi attorno alla figura del Pellegrino del patriottismo municipale a render cauta la gerarchia ecclesiastica. Questa prudenza della Chiesa, il generale ridursi del numero di canonizzazioni nella seconda metà del XIII secolo, l'ostilità degli ordini Mendicanti dichiarata a chiare lettere da Salimbene de Adam, spiegano perché, nonostante la devozione dei fedeli e il supporto di autorità civili, la richiesta di canonizzazione di Antonio non venne accolta». L'umanista ravennate Giovanni Conversini, a fine del '300, riferisce la frase del papa e Sicco Polenton scrisse che non era piaciuto al pontefice di inserirlo nel catalogo dei santi perché «pensava che era oltremodo sufficiente che Padova avesse un solo santo di nome Antonio». Però la devozione a lui prosperò nel '300 e lo dimostrano la sua presenza nella pittura, nell'onomastica e negli Statuti padovani. Infatti il Comune, nel 1269, a due anni dalla morte del Pellegrino, emanava uno statuto, ritoccato nel 1272, «in base al quale a onore di Dio, della Vergine, della Chiesa di Roma, dei santi Prosdocimo, Antonio e Giustina e per il buono stato della città di Padova, podestà, anziani, ufficiali del Comune, portando ceri pagati dal Comune stesso, assieme ai gastaldi delle fraglie dovevano andare ogni anno in processione nella festività del beato Pellegrino e le botteghe comunali intorno al mercato dovevano restare chiuse a partire dalla vigilia della festa dopo l'ora nona». Nel gennaio del 1300 un nuovo statuto ribadiva che tutto il denaro liquido esistente nei forzieri del Comune fosse impiegato per partecipare alla solenne processione in onore del beato. Dalla vita di lui apprendiamo che, durante il periodo della tirannide ezzeliniana, adolescente, lasciò la sua città, divenendo "pellegrino". Visse tre anni a Bazzano, nel bolognese, a servizio di un prete povero. Quindi visitò le tombe degli Apostoli a Roma, vivendo d'elemosina e distribuendo il superfluo ai bisognosi. Poi si recò a Compostella sul sepolcro di San Giacomo e a Colonia per venerare le reliquie dei Magi. Tornato a casa, fu scacciato dai suoi e, dopo il rifiuto delle sorelle a che lo accogliessero nel monastero, visse solo, si ammalò e morì. Un agiografo ne scrisse una biografia, focalizzando soprattutto i numerosi miracoli che compì, tra il 2 febbraio e il 31 marzo 1267, a favore di storpi, zoppi, gottosi, paralitici, utilizzandone la stesura del notaio Tealdo di Soligo. A culto affermato, nel 1270, interviene anche il vescovo a testimoniare una guarigione miracolosa. Al cimitero ove è sepolto il beato accorrono il cronista Rolandino e molti medici, giudici e notai. Il Rigon afferma che il diffondersi della devozione al beato Pellegrino, come traspare dalla prima «Vita» scritta in suo onore, è da ricercarsi nel quadro a fosche tinte con cui inizia la narrazione, presentando il periodo storico di Ezzelino da Romano. E' propaganda del guelfismo padovano e «attraverso il messaggio religioso filtrano concezioni politiche non dissimili da quelle del gruppo dirigente padovano». La leggenda del beato Pellegrino e la sua figura assumono una dimensione cittadina: sarà uno dei protettori della città. Il Comune organizza e sostiene il culto pubblico del Pellegrino, che conosce poi una stasi. Nel 1440 riprende vigore con un carme dell'umanista Antonio Baratella e Sicco Polenton, notaio umanista, cancelliere del Comune di Padova, ne riscrive la vita nel 1437, esaltando Padova trecentesca, privata dell'indipendenza da Venezia. Del culto al beato Pellegrino, quasi scomparso rimangono importanti testimonianze pittoriche. La più bella esce dal pennello di Giotto, nel 1305, tra i santi del Giudizio, agli Scrovegni. Nella medesima cappella c'è un dipinto, post 1323, che lo ritrae sotto la finestra sinistra dell'abside. Giusto de' Menabuoi l'ha riprodotto in un affresco, ora nel Museo civico e nel polittico del Battistero di Padova (1378). Sergio Bettini lo identifica nelle fattezze di Matteo che lascia il telonio per seguire Gesù, sempre nel Battistero. Unica presenza del beato nella basilica del Santo è di Altichiero da Zevio (1373), nell'arco sul sarcofago del Lavellongo, con bordone in mano e cappello in testa, iconografia dei pellegrini. Antonio Rigon afferma che «sugli altari salirono col beato Antonio Pellegrino la debolezza del ragazzo, l'insicurezza del pellegrino, la marginalità dell'escluso, la solitudine del forestiero, l'umiliazione dello straniero e la solidarietà del povero». Come a dire: il nostro è un "tipo" attuale.
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