Il colosso ArcelorMittal chiama la Bedeschi per l’ex Ilva di Taranto

L’azienda si aggiudica la fornitura dell’impianto di deposito «Progetto all’avanguardia per la sostenibilità ambientale»

LIMENA. Ci sarà anche la padovana Bedeschi tra le aziende protagoniste del nuovo volto dell’ex Ilva di Taranto. L’azienda di Limena si è infatti aggiudicata la fornitura dell’impianto di deposito e la ripresa all’interno del parco minerali dello stabilimento pugliese, che oggi si chiama ArcelorMittal Italia e sembra destinato a diventare uno dei poli siderurgici più avanzati e sostenibili d’Europa.

IL CONTRATTO

Una commessa di valore incalcolabile, anche considerando l’aspetto sociale dell’operazione, perché se il destino (e il futuro) è descritto come roseo, il passato e il presente raccontano tutta un’altra storia. La situazione creata nei decenni dai veleni dell’ex Ilva nella città di Taranto è quasi insanabile, e ora l’unica speranza è il recente piano di ripristino. Sull’impianto pesano decine di denunce da parte dei famigliari di ex operai Ilva e di molti residenti morti per tumori. «Questo progetto ha un valore importantissimo per le nostre referenze, ma ancor di più per l’aspetto sociale – spiega Rino Bedeschi, presidente dell’azienda padovana –. Il nostro sarà un ruolo decisivo, perché assieme ad altre aziende contribuiremo a ridurre la polverosità. È una tipologia d’intervento quasi unico di sostenibilità ambientale, visto che qualcosa di simile l’abbiamo fatta solamente per l’Enel di Brindisi».

l’opera

La fornitura delle nuove macchine da parte di Bedeschi (che conta ricavi superiori ai 100 milioni di euro), assieme all’opera di copertura del parco già in corso, saranno decisive nel limitare la dispersione di polveri verso Taranto, riducendo i consumi energetici e migliorando l’efficienza di produzione e affidabilità dell’impianto. I cantieri già aperti riguarderanno i lavori di copertura del parco minerale e del parco fossile, in futuro composte, rispettivamente, da 53 e 56 arcate. Ogni arcata avrà un’altezza esterna di 77 metri e interna dl 67 metri, per consentire il movimento delle macchine utilizzate per prelevare le materie prime stoccate. In fase di progettazione, l’impianto sarà in funzione nella primavera dell’anno prossimo e prevede un forte coinvolgimento dell’indotto locale per la sua installazione. Proprio a causa della storia dell’ex Ilva, da marzi la Procura della Repubblica di Taranto ha deciso di vigilare sull’andamento e sull’attuazione dei progetti di salvaguardia ambientale. Parliamo di un investimento di 1,15 miliardi da parte di ArcelorMittal, a cui va aggiunta una cifra di poco inferiore in capo ai commissari di Ilva per la bonifica esterna all’area produttiva. —

Luca Preziusi

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