Il Guariento della Padova imperiale
Il grande pittore di corte dei Carraresi, 300 opere a Palazzo del Monte

Gli angeli del Guariento che magnificavano la corte dei Carraresi con i tocchi delle dimore bizantine
PADOVA.
«Animula vagula blandula... Piccola anima smarrita e soave, compagna ed ospite del corpo che ti appresti a scendere in luoghi incolori, ardui e spogli». Questa la poesia toccante dell'imperatore Adriano. Animulae come bambole di vetro soffiato sono tenute tra le mani dagli angeli del Guariento, anime di giusti che vanno protette e salvate dal nulla. Gli angeli del grande pittore di corte, il primo chiamato dai Carraresi a far brillare di gloria la dinastia dei re di Padova. Gli succederanno altri geni della pittura. Come Giusto dè Menabuoi e Altichieri da Zevio, ma i suoi angeli sono ben diversi dagli uccelli colorati del Beato Angelico e dagli angeloni efebici di Melozzo da Forlì, sono angeli con le stellette, generali e colonnelli: i Principati armati di lancia e scudo, le Dominazioni che tengono al guinzaglio patetici diavoletti, gli Arcangeli che pesano le anime. Questo esercito sfarfallante, ali rosse e nere, vestiti ricamati, finissime cotte, esprime l'infatuazione bizantina di Guariento che lo lega a Paolo e Lorenzo Veneziano. La mostra «Guariento e la Padova Carrarese», dal 16 aprile al 31 luglio, è un evento imponente: la Fondazione Cariparo ha previsto lo stanziamento di un milione di euro; i nuovi spazi di Palazzo del Monte ospiteranno una rassegna di oltre 300 pezzi e altri 150 sono dislocati in altre tre sedi espositive (Civici Musei agli Eremitani, Palazzo Zuckermann, la Casa del Petrarca ad Arquà). «Mostra impossibile», si era detto, perché il Guariento, a parte il nocciolo storico padovano (Museo, Santo, Eremitani), è sparso per il mondo come vaniglia su una torta. Ma la collaborazione tra l'assessorato alla Cultura di Andrea Colasio e la Fondazione e la competenza tecnica di Davide Banzato, Francesca Flores D'Arcais e Anna Maria Spiazzi hanno fatto il miracolo. «Non è questa - dice Andrea Colasio - una mostra che passa, una meteora che solca il cielo e cade, piuttosto una stella cometa che permane e fa da guida. Riemerge la città del Trecento che per ottant'anni, tanto dura la signoria carrarese, sarà città regale, capitale europea dell'arte, della scienza e della letteratura. Nel periodo si spezzano i paradigmi consueti e si accende una civiltà nuova. L'astrario del Dondi è un gioiello ma anche la rappresentazione scientifica della rotazione e della rivoluzione dei mondi; i Carraresi battono moneta facendo concorrenza a Venezia, sono esposti due ducati d'oro con lo stemma del carro; i costumi del tempo delle classi agiate e del popolo sono rappresentati negli affreschi; la musica (sezione allestita al Museo Diocesano) sfoggia nomi illustri da Marchetto da Padova a Johannes Ciconia, da Prosdocimo Beldomandi a Rolando di Casale e poi erbari minuziosi, codici miniati con capilettera da cavare il fiato. Straordinarie le sculture di Giovanni Pisano agli Scrovegni e di Marco Romano. Rinaldino di Francia estrae dalla pietra il sepolcro della famiglia Lupi di Soragna, braccio armato dei Carraresi. Il racconto della città di allora, forte di 40mila abitanti, si svolge nel teatro della città d'oggi in un inanellarsi di percorsi: dal Battistero del Duomo, alla Reggia Carrarese con la rampa del traghetto che la collega al Castello». Di fronte a questa magnificenza non c'è da stupirsi che uno storico dello spessore di Le Goff abbia affermato: «Davanti alle opere d'arte del Trecento padovano c'è da chiedersi se sia mai esistito il Medioevo». In effetti, negli anni dei signori Da Carrara Padova precede Venezia nello sviluppo artistico di una trentina d'anni e anticipa il Rinascimento. Secondo Davide Banzato, direttore dei Musei Civici, il punto di partenza del percorso artistico di Guariento è Giotto e di Giotto sarà trasferito dal museo a Palazzo del Monte lo splendido affresco del Dio Padre. Ma poi lo sviluppo si articola: contatti con la pittura veneziana di Paolo e Lorenzo nel comune innamoramento per lo stile bizantino, arricchimenti che virano nel gotico, influssi da parte del veneziano Nicoletto Semitecolo, geometrizzazioni.
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