Il neonato è morto Ginecologo e ostetrica finiscono a processo

Ieri la prima udienza davanti al giudice monocratico Secondo il pm hanno aspettato troppo per il cesareo



Il piccolo era nato senza vita poco prima delle 8 del 1° settembre 2016 con un parto cesareo.

La madre, una donna di Correzzola all’epoca 37enne, si era presentata all’ospedale di Chioggia attorno all’1 di notte. E ben presto, secondo l’accusa, il monitoraggio aveva segnalato una sofferenza del bimbo che stava per nascere. Motivo, questo, per cui, sempre secondo la Procura, sarebbe stato necessario procedere con un parto cesareo immediato. Devono rispondere di violazione alla legge sull’aborto il ginecologo Sergio Porto di Adria e l’ostetrica Marilisa Bonaldo, quella notte in servizio di guardia nel reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale di Chioggia.

Ieri si è aperto il processo davanti alla giudice monocratica Sonia Bello. A sostenere l’accusa, il sostituto procuratore Giorgio Gava, lo stesso che, in fase di indagine, aveva chiesto l’archiviazione per altre due ostetriche che inizialmente erano state iscritte assieme ai colleghi sul registro degli indagati.

Subito dopo il decesso del neonato, i genitori avevano presentato un esposto ed il magistrato aveva incaricato il medico legale Antonello Cirnelli di eseguire l’autopsia. L’accertamento non aveva evidenziato profili di colpa in capo al ginecologo e alle ostetriche indagati. Diverse erano state le conclusioni del medico legale Silvia Tambuscio, consulente di parte civile nominata dall’avvocato Giuseppe Pavan per conto della famiglia residente nel Piovese. Secondo lo specialista di parte, esisteva una responsabilità di alcune delle figure professionali coinvolte nel parto diventato dramma. E proprio sulla consulenza del medico legale di parte si basa l’imputazione formulata dal sostituto procuratore Gava a carico di Porto e Bonaldo. Secondo quanto ricostruito dall’accusa, la donna aveva portato a termine la gravidanza senza problemi e il 1° settembre 2016, attorno all’1 di notte, era entrata in ospedale per dare alla luce il suo bambino. Tra le 2.30 e le 3.30 la donna era stata sottoposta a un monitoraggio dal quale, secondo la Procura, sarebbero emersi già i primi segnali non positivi. Motivo per cui, ha sostenuto il magistrato formulando l’imputazione, il monitoraggio successivo sarebbe dovuto essere eseguito a stretto giro e non alle 7.15, come invece era stato fatto. Quest’ultimo esame aveva rivelato la situazione del nascituro in tutta la sua gravità, tanto che era stato predisposto un parto cesareo d’urgenza. Il piccolo era nato prima delle 8, ma il suo cuore non batteva già più. Secondo l’accusa, è stato fatto trascorrere troppo tempo tra i due monitoraggi, nell’ambito di una situazione che già avrebbe presentato qualche segnale d’allarme. Conclusioni completamente opposte quelle a cui sono arrivati i periti nominati dai difensori, gli avvocati Giuseppe Carinci per Porto e Luigi Garofalo per Bonaldo: secondo gli specialisti incaricati, non ci sarebbe alcun profilo di responsabilità, tanto più che dall’individuazione del rischio all’effettuazione del parto con taglio cesareo erano trascorsi 30 minuti.

L’operato del ginecologo e dell’ostetrica, poi, sarebbe stato conforme alle linee guida. Cuore del dibattimento sarà l’audizione di consulenti e periti che in aula si daranno battaglia sulla responsabilità o meno degli imputati. La prossima udienza è fissata per il 2 ottobre, quando davanti alla giudice Sonia Bello sarà chiamata a comparire la mamma del piccolo che dovrà ricostruire la gravidanza e soprattutto quelle ore che avrebbero dovuto portarla alla gioia più grande e che invece l’hanno fatta piombare nel dramma della perdita di un figlio. —

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