Il Pfas in 30 videomessaggi Le frasi shock delle famiglie

Mosaico di testimonianze di chi abita la zona rossa, la più avvelenata d’Europa Giovedì proiezione alla Camera e invio del film ai ministri europei dell’Ambiente



«È stato violato il nostro corpo. È stata violata la nostra salute. È stata violata la nostra falda». «L’acqua è il primo degli alimenti. La nostra è tossica». «I miei figli potrebbero diventare sterili e io e mia moglie non avremmo la gioia di diventare nonni». Sono solo alcune delle forti affermazioni che animano il video “Pfas in the water to ensure that this never happens again”, un vero e proprio manifesto di denuncia e protesta contro la contaminazione da Pfas che ha interessato il Basso Veneto. A realizzarlo sono state le Mamme No Pfas, gruppo di genitori attivi che da anni si batte per denunciare questo scempio ambientale che ha avuto forti e preoccupanti ripercussioni anche nella salute di chi vive in questo territorio.

IL VIDEO

Trenta famiglie venete, residenti tra la Bassa padovana, il Vicentino e il Basso veronese, hanno voluto inviare un video personalizzato ad altrettanti ministri dell’Ambiente europei, spiegando cosa significhi vivere nell’area rossa, la più vasta zona europea contaminata da Pfas. Dove per anni si è bevuta acqua considerata potabile, ma che in realtà ha contaminato il sangue dei residenti. I videomessaggi hanno dato vita a un collage, intitolato appunto “Pfas nell’acqua, per garantire che ciò che è accaduto non accada mai più”, che sarà presentato giovedì prossimo alla Camera dei Deputati.

MESSAGGIO ALL’EUROPA

Al Parlamento Europeo, si incontreranno a breve i ministri dell’Ambiente dei 28 Paesi dell’Ue. Fra le varie tematiche in discussione, vi è la rifusione della Direttiva Europea sulla qualità dell’acqua destinata al consumo umano. Dopo Bruxelles (giugno) e a Strasburgo (ottobre), le Mamme No Pfas si rivolgono nuovamente alla Ue attraverso i ministri dell’Ambiente europei.

L’orto tradito dal pozzo

Ogni famiglia, nel video, porta una drammatica esperienza di contaminazione. «Ho seminato e curato con amore, e in modo naturale, i miei ortaggi. Purtroppo l’acqua del mio pozzo è piena di Pfas e ho avvelenato la mia famiglia», denuncia un padre.

«Quando mangio e bevo penso sempre alla mia piccola che porto in grembo», fa eco una donna in gravidanza.

«Gli interferenti endocrini quando escono dal rubinetto sono invisibili, ma nel mio corpo si sono trasformati in colite ulcerosa», e ancora «mio figlio soffre di ipotiroidismo e ha solo 8 anni» e «questi sono i valori di mia figlia», afferma una mamma mostrando i numeri delle concentrazioni di Pfas nel sangue impressi su una t-shirt di denuncia. Tra le testimonianze quella di una famiglia montagnanese: la madre, Marzia Vavassori, chiede ai ministri europei di portare a zero il limite di Pfas nelle acque.

LE ANALISI IN CORSO

Allo scorso 1 ottobre sono stati 40. 147 i cittadini invitati a sottoporsi a esami clinici per rilevare la presenza di Pfas nel sangue. In 22. 314 (il 60, 1%) si sono presentati per il prelievo del sangue e per la visita iniziale. Nello specifico, i pazienti sono stati sottoposti a un’intervista per individuare abitudini di vita del soggetto, per una misurazione della pressione arteriosa, per esami del sangue e delle urine (per valutare tra l’altro lo stato di salute di fegato, reni e tiroide), per il dosaggio di dodici sostanze Pfas nel siero. Sul totale di pazienti esaminati, 10. 947 cittadini sono stati invitati a iniziare un percorso sanitario di secondo livello, con un accesso a speciali ambulatori di medicina interna e di cardiologia. ––

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