In aula il funzionario del Fisco «Riciclaggio e coop sospette»

In aula Andrea Menzato ha spiegato il trasferimento dei soldi all’estero con finti crediti d’imposta. Bocciato il terzo ricorso dell’imputato: il processo sta a Padova



Resta a Padova il processo al business del riciclaggio internazionale da 117 milioni di euro realizzati tra il 2015 e il 2018 di attività criminale.

Si va avanti

È andato a vuoto il terzo tentativo del faccendiere dentista veneziano Alberto Vazzoler (residenza di fatto in piazza della Frutta a Padova, sulla carta a Montecarlo e ora obbligo di dimora nella casa di famiglia a Musile di Piave), nullatenente e senza lavoro, eppure un tourbillon di difensori di alto livello che comprende il penalista trevigiano Francesco Murgia e il presidente della Camera Penale italiana Gian Domenico Caiazza. Ieri il tribunale (presidente Nicoletta De Nardus) ha rispedito al mittente l’ennesimo ricorso per incompetenza territoriale. E il processo è proseguito, con la testimonianza di un funzionario dell’Agenzia delle Entrate, il dottor Andrea Menzato, che aveva guidato il controllo a una coop sospetta destinata a far luce sugli intrallazzi di Vazzoler, imputato di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio internazionale. Una coop (Smart scarl) impiegata dalla banda capeggiata dal faccendiere per traghettare fino agli Emirati Arabi, con passaggi in Croazia, oltre un milione di euro attraverso il meccanismo della compensazione per crediti inesistenti. Ai danni del Fisco e dei lavoratori spogliati dei contributi previdenziali.

La coop

Smart è una coop di cui risultava legale rappresentante Dario Riggi che, appena finisce nell’occhio del ciclone, si dimette e fa spazio a un cittadino romeno senza domicilio fiscale in Italia. «Il 6 marzo 2017 è scattato il controllo, la coop aveva sede operativa nel magazzino della Coca Cola Italia a Nogara nel Veronese» ha spiegato Menzato in aula. In realtà all’arrivo del nucleo tributario la coop non svolgeva già più il lavoro di movimentazione merce per conto dell’unico cliente Consorzio Soluzioni Globali che aveva subappaltato l’incarico ottenuto da Coca Cola (che nulla c’entra con l’indagine). Servono settimane per recuperare la contabilità di Smart. Alla fine salta fuori un giro di fatture dalle quali emerge che Smart fa acquisti di servizi per 7 milioni di euro a fronte di ricavi di appena tre, una sproporzione enorme che farebbe chiudere subito qualsiasi coop o impresa sana. Tuttavia quelle fatture hanno ben altre stranezze: nessun riferimento a contratti, nessuna indicazione circa le modalità di pagamento, manca l’entità dell’Iva. C’è dell’altro: tutte le società che emettono a carico di Smart quelle fatture (farlocche secondo il pm Roberto D’Angelo titolare dell’inchiesta) sono come Edil Electric, ovvero fallite se non addirittura cancellate dal registro delle imprese. Nel 2015 Edil Electric, fallita nel 2013, rilascia a Smart cinque fatture per un imponibile di 1.091.000 euro (per un’Iva pari a 240 mila euro). È chiaro si tratta di fatture-carta straccia relative a operazioni inesistenti, mai pagate davvero con l’uscita di soldi dai tre conti di Smart. «Non ci risultava nessuna uscita di danaro reale» ha chiarito il funzionario Menzato.

Il meccanismo

Ed ecco che entra in gioco la compensazione con crediti inesistenti, come ha rilevato il dottor Menzato. In un conto di Smart acceso in una nota banca (l’attivo appena 11 mila euro), il 9 giugno 2016 arriva un bonifico dell’unico cliente Consorzio Soluzioni Globali, 339 mila euro per saldare lavori realmente eseguiti di movimentazione merce. Lo stesso giorno parte un bonifico di 80 mila euro per la società croata Processus Doo, canale usato per il riciclaggio nei paradisi fiscali. Attraverso l’Iva sulle precedenti fatture emesse per operazioni inesistenti da parte di Edil Electric, la coop Smart fa valere un credito di imposta grazie al quale compensare i debiti fiscali con lo Stato e i contributi dei dipendenti con gli enti previdenziali. Ma è tutto solo sulla carta: dal suo conto non esce un euro per Fisco e previdenza, se non altri fiumi di danaro verso la Croazia poi trasferito negli Emirati Arabi tramite società riconducibili a Vazzoler.

In aula

A sostenere l’imputato in aula la fidanzata trevigiana Silvia Moro,37enne di San Biagio di Callalta, pure lei nullatenente e disoccupata superfirmata Chanel, riuscita a evitare il processo padovano come l’altra coimputata (e pure ex fidanzata di Vazzoler) Elena Manganelli Di Rienzo, tornata a Dubai con nessuna intenzione di rientrare in patria: di loro si occuperà la procura di Venezia. Intanto, per la prossima puntata, ci si rivede in aula il 4 dicembre. —

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