In causa per l’intervento all’estero

PIOMBINO DESE. Costretta a fare causa all’Usl 15 per le spese chirurgiche sostenute all’estero. Per lo stessotipo d’intervento altre due Usl venete, la 22 e la 8, hanno invece rimborsato - seppure parzialmente - le pazienti. Due pesi e due misure in tre diverse unità sanitarie nei confronti di tre pazienti affette dalla medesima malattia rara, degenerativa e invalidante: la sindrome di Arnold e Chiari. A fare le spese di questa disparità di trattamento è Annalisa Caicci, 31 anni, insegnante di danza. «Sono 4 anni che attendo giustizia, ma molte volte si passa quasi dalla parte del torto, quasi facendomene una colpa del perché ho deciso per una clinica altamente specializzata per la mia patologia. Cittadine della stessa regione, con la stessa patologia trattate in modo diverso, che tristezza». Annalisa ha scoperto di essere malata 12 anni fa in seguito a un incidente sportivo. «Ero a Scienze motorie e stavo passando il testimone in una gara di atletica quando ho accusato dolori simili a scosse e a punture all’addome e progressivamente perdita di sensibilità al caldo e al freddo», racconta, «ma non ho dato peso alla cosa e ho continuato a fare la mia vita, seppure con dolori e scosse».
Quando però il male ha interessato altre regioni del corpo e perfino tossire o salire le scale è diventato doloroso, Annalisa si è sottoposta a risonanza magnetica scoprendo la verità. Dopo il panico iniziale ha cominciato a documentarsi e, nel 2011, ha scoperto che anche una sua amica soffriva della stessa patologia. «Lei però era stata operata in una clinica di Barcellona, una coincidenza che non potevo in nessun modo lasciare andare», dice Annalisa. «Ho passato giorni a riflettere, non mi era mai passata per la testa l’idea di un intervento, considerate le tecniche invasive in Italia. Ma dopo la testimonianza ricevuta mi sono messa in contatto con l’Institut Chiari di Barcellona. Nel dicembre 2011 ho affrontato l’operazione di risezione del filum terminale, durata 50 minuti, per nulla invasiva e senza alcun rischio». A tre ore dall’intervento Annalisa camminava e aveva ripreso sensibilità e funzioni agli arti, recuperato i riflessi. Il giorno dopo era già a casa e il mese successivo ha ricominciato a fare sport e ha ripreso tutte le attività con una serenità che da tempo aveva perso e con la certezza che l’intervento aveva bloccato la patologia. Partecipando a un incontro dell’associazione Aisacsisco, è venuta a sapere che in qualche caso era stato dato il rimborso dell’intervento che lei aveva pagato 15.200 euro, senza considerare le spese connesse. Ma quando ha presentato la richiesta all’Usl 15, le è stata respinta. Come la seconda tramite un legale, con tutta la documentazione e le testimonianze di rimborso sia nel Veneto che in altre regioni. Ad Annalisa non è rimasto che intentare una causa per vedersi ristorare almeno in parte l’intervento.
Giusy Andreoli
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