Jarrett, lo stato di grazia dell’improvvisazione

Al Venezia Jazz Festival il pianista ha offerto due ore di grande musica, regalando anche tre bis
Pianist Keith Jarrett --- Image by © Tom Le Goff/Corbis
Pianist Keith Jarrett --- Image by © Tom Le Goff/Corbis

VENEZIA. Un Keith Jarrett ispiratissimo e in grandissima forma è stato protagonista di un concerto da brividi che sicuramente passerà alla storia.

L’appuntamento dell’altro ieri sera al Gran Teatro La Fenice di “Venezia Jazz Festival” con il più geniale pianista jazz vivente, 68 anni, è stato salutato dal tutto esaurito, 900 spettatori. Il concerto di improvvisazioni pianistiche è stato registrato dalla Ecm che potrebbe farne un disco.

Il Jarrett di Venezia in camicia rossa con maniche larghe, felice, ispirato, sorridente e al massimo della sua creatività è sembrato un’altra persona rispetto a quello polemico di “Umbria Jazz” inviperito a causa dei flash. Non che l’altra sera fossero mancati gli avvertimenti dell’organizzazione che ha invitato gli spettatori persino a trattenersi in caso sentissero la necessità di starnutire. Ma è evidente che il jazzista, che ormai si è esibito quattro volte alla Fenice, ha un feeling particolare con Venezia che si è riflettuto sulla qualità delle improvvisazioni: bellezza allo stato puro, musica divina. Due ore suonate a livelli incredibili, un intervallo di 20 minuti, 11 improvvisazioni, più ben tre bis concessi da un Jarrett particolarmente generoso a un pubblico in standing ovation. Il leggendario pianista ha aperto con un’improvvisazione quasi di riscaldamento, poi non soddisfatto ha fatto un gesto con la mano destra, come per dire: «Così e così».

Da quel momento ha iniziato una magica e continua ascesa verso la perfezione della musica. Improvvisazioni boppistiche, altre più sperimentali, blues, jazz blues con continui cambi di tonalità e ballad romantiche da spezzare il cuore, tra cui “Too Young To Go Steady” di Jimmy McHug (resa famosa da Nat King Cole e da John Coltrane) e l’ultimo fantastico bis “Answer me, my love” di Gerhard Winkler, Fred Rauch e Carl Sigman, portata al successo nel 1953 da Frankie Laine.

Tra il pubblico la giovane moglie di Jarrett, forse l’ispiratrice del lato romantico del concerto. A un certo punto ha troncato in modo inaspettato un’improvvisazione e ha detto: «Non so dove stava andando né dove stessi andando anch’io», poi è tornato al piano e ne ha riscritto il finale in un minuto.

Non sono mancati i suoi originali vocalizzi nei momenti più ispirati e il suo agitarsi nel suonare quasi per abbracciare il piano: uno spettacolo nello spettacolo.

Michele Bugliari

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