La Cassazione: sgrullare la tovaglia sulla terrazza del vicino non è reato

ROMA. Dal tribunale di Genova arriva una notizia che riguarda tutti, anche i padovani, soprattutto in questa stagione. Avere l’abitudine, dopo pranzo, di scuotere le briciole della tovaglia sul balcone dei vicini - o di percuotere la polvere dei tappeti ai danni di chi abita al piano di sotto - non costituisce un reato perseguibile penalmente anche se si rischia di essere condannati, in sede civile, a risarcire i danni materiali e morali prodotti a chi subisce questi comportamenti maleducati, compresi rumori e schiamazzi. Lo sottolinea la Cassazione. I supremi giudici, infatti, hanno assolto una coppia di albanesi - Rolanda e Ilir M. - dalla condanna inflittagli nel gennaio 2011 dal Tribunale di Genova per disturbo alla quiete pubblica e getto pericoloso di cose dopo che una coppia di vicini, stanchi dei loro decibel e di ricevere i loro avanzi sul davanzale, li aveva denunciati.
«Il reato di disturbo alle occupazioni e al riposo delle persone non sussiste - spiega la Cassazione nella sentenza 27625 - se le condotte poste in essere non hanno una idoneità offensiva tale da mettere in pericolo la tranquillità di un numero indeterminato di persone». In questo caso, in base alle testimonianze raccolte nel condominio, solo la famiglia che aveva denunciato la coppia albanese percepiva i loro schiamazzi e riceveva le “sgrullatine” di tovaglie e tappeti. In pratica non scatta la contravvenzione penale - ma il risarcimento civile da determinarsi in apposita causa - «quando i rumori arrechino disturbo ai soli occupanti di un appartamento, all’interno del quale sono percepiti, e non ad altri soggetti abitanti nel condominio in cui è inserita l’abitazione».
Diverso è, invece, il discorso se ci sono anche altri condomini molestati dai rumori provenienti da una abitazione: allora si arriva alla condanna anche penale del nucleo “rumoroso”. Per quanto attiene tovaglie e tappeti, la Suprema Corte ha interamente cancellato questa parte della pena inflitta alla sola Rolanda M. - autrice degli sgrulli - in quanto «il fatto non sussiste, perchè lo sbattimento di qualche tappeto e lo scuotimento di qualche tovaglia non integra la condotta penalmente rilevante per l’impossibilità di causare imbrattamenti e molestie alle persone». Anche in questo caso, per arrivare alla condanna penale, occorre che le sgrullate costituiscano un pericolo per «una pluralità di soggetti».
Meno incline a salvare la coppia albanese era stato il Sostituto procuratore generale della Suprema Corte Vito Ambrosio che voleva la conferma delle condanne. Un sintomo evidente del fatto che c’è anche un filone giurisprudenziale poco clemente con strepiti e briciole condominiali.
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