La Colobara, villa "mangiasoldi" dal restauro senza fine

Un milione di euro non è bastato al restauro della villa sui Colli. Ne serve un altro della Regione
Villa "La Colombara"
Villa "La Colombara"
PADOVA. Un milione di euro dei contribuenti sganciato nel 2005 non è bastato, come si leggeva nel progetto iniziale, per recuperare villa Da Rio Rubini Canal detta «la Colombara», complesso rurale quattrocentesco ai piedi dei Colli Euganei. Serve un altro milione di euro, che la Regione Veneto si appresterebbe a prelevare dalle nostre tasche, forse già nell'approvazione del bilancio 2011, per finanziare un restauro che dovrebbe essere finito. Senza che si capisca per quale motivo la richiesta iniziale di un milione di euro per l'intero restauro, sia diventata nel passaggio delle carte un milione solo per il primo stralcio.


Misteri che fanno rigirare nella tomba - si fa per dire, perché è viva e vegeta e arrabbiatissima - la contessa Maria Elisa Canal che aveva venduto il fabbricato e i terreni (17.000 metri quadrati) a 580.000 euro con la promessa dell'acquirente pubblico che il complesso sarebbe stato restituito all'uso della gente di Bastia e di Rovolon, comune dove sorge la Colombara. Ma dovremmo rigirarci nella tomba anche noi contribuenti, perché in questa storia i milioni messi, del tutto inutilmente finora, dalle casse pubbliche non sono solo due.


Sopra l'area della Colombara giravano da sempre gli avvoltoi. Quando si trattò di tracciare i confini del Parco Colli, la villa e le pertinenze furono addirittura escluse dal vincolo di protezione. Le polemiche obbligarono ad un ripensamento, il confine fece una chicane e inglobò il complesso, ma metà dell'area di pertinenza restò fuori, scippata da lottizzazione edilizia. Talmente necessaria che ci hanno costruito sopra perfino un distributore di benzina. Racconta la contessa Canal che dopo l'esproprio - lei pensava servisse a gente bisognosa di case di Bastia - il Comune le mandò perfino il conto dell'Ici da pagare.


Amputata della dimensione di spazio originale, la Colombara viene ceduta al Cosecon, acronimo per Consorzio di sviluppo del Conselvano. E' l'ente pubblico che nelle aspettative della contessa dovrebbe riscattare il complesso ad un uso pubblico. In tanti che concorrono in questa mediazione. Nomi che si rincorrono dal 2004 ad oggi, qualcuno addirittura recitando parti diverse in commedia. Ma sempre presente. L'atto di compravendita è del 23 giugno 2006. Parte il restauro che, sorpresa delle sorprese, esclude la Colombara, cioè la parte caratteristica del complesso. I lavori cominciano dalla parte opposta della torre: apertura dei cantieri nel marzo 2006 e primo acconto di 400.000 euro. Ma anche primi intoppi, ritardi, richieste di varianti e proroghe. Tagliamo corto: i lavori terminano il 31 marzo 2008, la rendicontazione finale è del 30 giugno con richiesta di saldo lo stesso giorno.


Tre settimane dopo succede il patatrac: al Cosecom arriva la finanza per arrestare il direttore e altre persone coinvolte in un'inchiesta su appalti pilotati. E' il 22 luglio 2008, il processo è in corso. Il Cosecon evita il fallimento (che avrebbe comportato la perdita di 10-12 milioni di euro dei Comuni consorziati) grazie all'arrivo del 7º cavalleria con denaro fresco. Guida i soccorsi la Finanziaria Veneto Sviluppo, che ci mette dentro 5,518 milioni di euro, sempre dei contribuenti, diventando azionista di maggioranza relativa. Oggi Cosecon ha cambiato nome, sulla targhetta è scritto Attiva spa ma il consiglio di aministrazione è lo stesso.


Mentre gli azionisti si asciugano i sudori, la parte non restaurata della Colombara cade a pezzi. Nell'estate del 2010 crolla un rustico annesso alla torre. Nessuno batte ciglio. Eppure nelle carte si legge che «la ditta si obbliga, qualora per primo intervento vengano recuperati gli edifici della parte bassa, alla messa in sicurezza della Colombara e in particolare del tetto». Ma chi va più a controllare le carte?


Quelli del Cosecon avevano altro per la testa: hanno smembrato la parte bassa, che era un vecchio convento, dividendola in tre unità autonome indipendenti ad uso direzionale e mettendole in vendita. Con grande battage pubblicitario messo in piedi ancora nel 2007: «Il Cosecon, architettura del passato per il futuro del Veneto». Futuro sì e anche lontano. Siamo nel 2011 e l'unico acquirente, della parte restaurata e di quella cadente, dovrebbe essere il Parco Colli, con il secondo milione di euro in arrivo dalla Regione.

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