La diocesi organizza nella mensa Leopardi il rifugio per i profughi

PADOVA. Sabato notte sono arrivati quindici siriani. Hanno fatto la doccia, hanno dormito e dopo due giorni sono ripartiti con destinazione Svezia. Cinque nigeriani e tre pachistani, invece, sono lì da aprile. In questi mesi sono passati anche alcuni eritrei. Sì, perché la mensa Leopardi di via Leopardi, struttura di proprietà della Diocesi di Padova poco distante da Prato della Valle, è stata messa a disposizione del Governo per l’emergenza Mare Nostrum. Le richieste da parte di studenti erano in calo costante e così l’edificio è stato inserito nella “macchina” dei soccorsi allestita per fare fronte agli sbarchi in Sicilia. Ci sono 25 posti letto, c’è una sala multimediale con computer e allacciamento a internet, ci sono i bagni, le aule dove fare lezioni e c’è pure la stanza con il televisore e il tavolo da biliardo. Lì, da metà aprile, la Prefettura destina settimanalmente i profughi o richiedenti asilo. La circostanza non era mai stata resa nota ma la struttura c’è e funziona.
Il collegio. L’edificio appartiene al Movimento apostolico diocesano e dal 23 aprile scorso la cooperativa Populus si occupa dell’accoglienza dei migranti dirottati in città. Al piano terra c’è la mensa mentre ai piani superiori sono state allestite le altre stanze. «Diamo loro un letto dove dormire, bagni dove fare una doccia e pasti a pranzo e cena» racconta Carlo Munari, direttore del collegio e responsabile della cooperativa. «Vengono organizzate le lezioni di italiano perché il fine ultimo è l’inserimento nella nostra società. Hanno la possibilità di stare insieme, di accedere alla rete per comunicare con amici e parenti. Qui hanno anche seguito le partite del mondiale in Brasile. Noi siamo presenti e cerchiamo di assisterli in tutte le loro necessità».
Ultimi arrivi. Sabato notte all’aeroporto di Verona sono arrivati 54 migranti e quindici siriani sono stati destinati proprio a Padova città. «Sono rimasti poco meno di due giorni» riferisce Munari, «non volevano restare in Italia. Ci hanno detto che preferivano tentare la fortuna in Svezia. Dopo essersi lavati, dopo aver riposato e mangiato, sono ripartiti. Chiaramente la nostra è una disponibilità limitata: abbiamo solamente 25 posti letto».
Pacifica convivenza. I cinque nigeriani presenti ora sono cristiani, i tre pachistani invece musulmani. Vivono insieme nella struttura di via Leopardi da aprile e, nonostante la diversità, non c’è mai stato alcun problema. E non è l’unica struttura di questo tipo allestita a Padova per fare fronte all’emergenza Mare Nostrum. C’è un edificio adiacente alla cappella di San Giuseppe Lavoratore alla Zip, c’è un appartamento in via Due Palazzi gestito dal Gruppo R e poi c’è un’altra casa in via Svizzera, sempre alla Zip, dove la cooperativa Sestante sta mettendo a disposizione tutta l’esperienza che serve per gestire una simile situazione. Padova si conferma dunque una città votata all’accoglienza, nonostante tutto. Nonostante i proclami della campagna elettorale, nonostante i veti della Lega che ora amministra.
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