La manager con il cuore in cucina
«I dolci sono la mia passione, top-secret sul menù della notte di Natale»

La tavola imbandita creata dalla manager padovana nella casa di famiglia, in Prato della Valle Sotto, un ritratto di Manola Passaggio Duse Masin
La tovaglia in lino per il Natale 2010 in casa Duse Masin riproduce in xerigrafia il panorama che si scorge dalle finestre di casa: Prato della Valle con la cerchia di alberi, scintillanti di luci nelle notti della Festa. Cosi come brilleranno, per la cena della vigilia, i piccoli pini, che la padrona di casa collocherà sopra gli alberi stampati; mentre nel mezzo - oh meraviglia - una piccola fontana zampillerà per davvero. Piatti e bicchieri in vetro, leggeri come un soffio, permetteranno ai commensali di godere della veduta d'insieme. «Oltre alle tovaglie di generazioni di donne Duse Masin - spiega Manola - con questa voglio lasciare anch'io una testimonianza del mio tempo».
Manola Passaggio: la moglie del nobile Paolo Duse Masin? La manager tosta? La cuoca sopraffina?
«Queste ed altre parti di me convivono in armonìa senza sopraffarsi. Ho imparato dai miei, di origine piemontese e pionieri nel costruire alberghi a Jesolo, curiosità e indipendenza. Mi hanno impartito un'educazione internazionale: le medie in un collegio di Lugano, elitario ma severo; il liceo, parte a Friburgo per imparare il tedesco, parte a St. Maurice per il francese; l'ultimo anno al Wilfredo Pareto a Losanna, per conseguire una maturità valida in Italia. Lì ho conosciuto Paolo la prima volta».
Dove l'ha ritrovato?
«A Padova, quando frequentavo Giurisprudenza. Qualche tempo dopo la laurea, nel '77, ci siamo sposati. Decisione imprevista per me, che avevo un'anima femminista e proiettata in un futuro di lavoro, come tutte le donne della mia famiglia. I primi anni di matrimonio, lavorando per lunghi mesi nell'albergo dei miei, mio marito mi raggiungeva nei week-end e ci sentivamo eterni fidanzati. Digiuna in materia di cucina, ne ho appreso i primi rudimenti tenendo d'occhio i cuochi dell'hotel, la loro organizzazione. Ricordo ancora gli "spaghetti blu" cucinati in uno slancio di sacro fuoco, con vongole e curacao: "squisiti" per l' innamorato Paolo, per me disgustosi. Fattori diversi mi hanno spinta a continuare: difficile ricevere "alla buona" gli ospiti in un palazzo affrescato anche dallo Hayez e dove ogni salotto, ogni scorcio, si presentano con grande impatto scenografico: non per niente il Borsato, coordinatore dell'ornato tra fine '700 e primi '800, era stato coreografo alla Fenice. Né potevo ignorare l'esempio lasciatomi da Isotta, nonna di Paolo, gran dama e gran cuoca: che faceva fare i piatti d'argento con i relativi contenitori in vetro per mettere ed estrarre con facilità le pietanze dal forno. I suoi ricettari non potevano non sedurmi e farmi desiderare d'esserne all'altezza. Amo la cucina tradizionale, ma ho imparato anche a cucinare cinese».
Com'è il Natale gastronomico in casa Duse Masin?
«E' la festa della famiglia, in cui cerco di dare il meglio di me. Top-secret il menu del 24 prossimo, aggiorno quello dello scorso anno: come primo, ravioli a forma di stella, ripieni d'un impasto di patate americane e radicchio di Treviso e conditi con crema di Taleggio. Tiro io stessa la pasta a manovella con la macchinetta appartenuta a nonna Isotta. Per secondo, coda di rospo al forno con olive e pomodorini, cucinata in porzioni singole con la carta Fata: pellicola trasparente, più elegante di quella usata di solito per il cartoccio. E' un segreto rubato ai grandi cuochi: confeziono il pesce come tanti pacchettini regalo, li chiudo con un laccio colorato al silicone e in forno; ogni commensale in tavola aprirà il "dono" della cuoca. Come contorno, su una sfoglia sagomata ad abete distendo un letto di spinaci, che poi trapunto di palline di zucca lessa: un albero di Natale con décor dorato. Preparo in casa anche panini morbidi, che lievitano dentro carta da panettone. Per dolce, ricopro con panna montata un pandoro tagliato a piani sfalsati, così da renderlo simile ad una cima innevata. Qua e là scendono, cadono, si divertono piccoli sciatori in vetro, che ho fatto fare apposta a Murano».
Si sente più portata per i primi, i secondi o i dolci?
«Direi per i dolci. Per un Natale precedente ho creato una base di foglie di cioccolato sagomate su vere foglie di rosa, sormontate da candele di bavarese al cioccolato di varie altezze, ottenute con l'aiuto di stampi cilindrici. Un'altra volta ho inventato una giostra col panettone tagliato, deposto su un piano girevole e vi ho aggiunto dei cavallini in pasta di zucchero. Confeziono spesso canestri in caramello o croccante, che riempio di gelato o di mousse alla frutta; dei cestini di ghiaccio, adatti per mettervi fiori o cocktail di gamberi. Sempre in pasta di zucchero, innalzo castelli con quattro torri agli angoli, illuminati da dentro e pozzi con il secchio in biscotto wafer. Una volta, per un' amica mondanissima, ho copiato una borsa Vuitton col cioccolato e riprodotto il logo con la glassa. Cerco ovunque spunti da elaborare, magari un vaso al mercatino dell'antiquariato... Nel tempo mi sono procurata un arsenale di oggetti per la cucina; stampi antichi e moderni, che fanno da supporto alla creatività. Con un romantico servizio di piatti di famiglia preparo la "tavola di Proust", con menù ispirato alla Recherche; accosto, a quello con fiori uno diverso dall'altro, dei segnaposti identici, fatti confezionare con le perline di Venezia. Il momento più bello per me è quando creo in cucina e in salotto, non quando gli ospiti si complimentano».
Lei ha anche un lavoro che l'appassiona...
«... E che seguo in prima persona dalla scelta dei capi all' amministrazione, assieme ad una socia. Negli anni '80 a Parigi, Didier Ludot aveva appena aperto al Palais Royal un negozio di vintage assai raffinato, perlopiù con cose di Hermès e Chanel. Indimenticabili le petites robes noires una in fila all'altra.... Perché non provare anche a Padova, mi sono detta? Tutti mi sconsigliavano, una città di provincia non avrebbe recepito la novità. Invece, sin dall'inaugurazione, il negozio è stato un successo via via crescente. Da me si trova il cappotto classico e lo sfizioso Gucci dell'anno passato; i pezzi leopardati di D&G e gli abiti eleganti di Blumarine. Le mie clienti vanno dalla ragazza, che con un budget limitato vuol togliersi uno sfizio, alla signora con un'eleganza sua propria. Non è la griffe che fa lo chic, ma la sicurezza con cui una donna sceglie il guardaroba per star bene con se stessa, libera dalla schiavitù dei trend».
Le resta tempo per altro, in una giornata?
«Per ogni manifestazione di bellezza. Per anni ho preso lezioni di Storia dell'Arte, materia-Cenerentola a scuola; sino a crearmi quella base di conoscenza, che mi permette di godere ora di ciò che vedo. Mi affascina intuire il tragitto intellettuale, attraverso cui un artista arriva a creare un'opera: ricordo una Crocifissione cinematografica di Pasolini, ispirata in modo puntuale ad un quadro di Rosso Fiorentino. L'essenza della vita non è forse cogliere l'armonia delle cose?».
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