L’antico Vighizzolo il piccolo luogo strappato alle paludi da arditi pionieri

Solo intorno all’anno Mille le bonifiche rendono l’area redditizia I frutti e le decime vanno a parrocchie e monaci dei territorio 
Vighizzolo (PD), 19 luglio 2019. Vedute di Vighizzolo per articolo di Jori. Nella foto: scorcio di Viglizzolo con l'imponente sagoma del molino Quaglia.
Vighizzolo (PD), 19 luglio 2019. Vedute di Vighizzolo per articolo di Jori. Nella foto: scorcio di Viglizzolo con l'imponente sagoma del molino Quaglia.

francesco jori

Un lembo di terra al di fuori delle principali vie di comunicazione, sulle rive di un canale (l’odierno Santa Caterina), su uno stretto passaggio che attraversa una distesa infinita di stagni e paludi. Sembra decisamente l’ultimo dei posti dove uno si sognerebbe di piantare le tende; e invece perfino lì l’uomo arriva a collocare un proprio insediamento e a sviluppare una piccola comunità. Talmente piccola, che la sua dimensione è rimasta appiccicata al nome stesso dell’abitato: Vighizzolo viene da “viculus”, un mini- “vicus”, termine che già di suo in latino sta a indicare un nucleo di proporzioni modeste, inferiore alla “villa” che caratterizza l’entità del villaggio. In un contesto inospitale del genere, è pressoché impossibile che la terra restituisca testimonianze del passato utili a datare con una certa precisione le origini del paese; bisogna dunque far base sul primo testo scritto, che risale al giugno 980, quando tra il vescovo di Verona Milone e due coniugi di Monselice viene stipulato un contratto di permuta di terreni “in loco ubi dicitur Viguciolo”.

A differenza di quanto accade per la maggior parte dei comuni padovani che decollano intorno a quell’epoca, qui non siamo in presenza di donazioni da parte di nobili famiglie a rinomati monasteri: c’è un semplice scambio tra privati, che testimonia della marginalità del luogo.

paludi e abbazie

E pur tuttavia qualcosa deve cambiare, nel secolo successivo, magari a seguito delle prime opere di bonifica attuate dai monaci benedettini presenti in più punti della Bassa, se nel 1077 di Vighizzolo si torna a parlare, e stavolta in termini molto più consistenti, con la cessione di terre da parte dell’imperatore Enrico IV ai marchesi Ugo e Folco d’Este, figli di Azzo: tra persone di così elevato lignaggio ci si scambiano doni importanti. Va anche segnalato che un paio di anni prima lo stesso Azzo ha concesso all’abbazia polesana della Vangadizza la decima parte delle paludi della zona; e anche a un luogo dello spirito non si rifilano scarti. C’è anzi da ritenere che l’assegnazione ai monaci di un’area apparentemente inospitale fosse subordinata proprio a lavori di bonifica e risanamento, per ricavarvi terreni da destinare alla produzione agricola.

Nel secolo successivo, infine, e precisamente nel 1161, sempre la casa Estense attraverso i marchesi Folco, Alberto e Bonifacio sottoscrive un atto di donazione del cosiddetto lago di Vighizzolo a un’altra prestigiosa abbazia della zona, quella di Santa Maria attiva a Carceri.

l’economia del lago

Questo lago, come viene chiamato, ha un ruolo importante non solo per il paese, ma per un’ampia fascia della Bassa: si estende a ovest, nella zona delle odierne Valli Mocenighe, e offre alla popolazione risorse legate alla caccia e alla pesca. Deve trattarsi di un’area ben dotata di selvaggina e pesce, se già a metà del Quattrocento gli abitanti del paese in cambio del suo utilizzo sono tenuti a versare alla Serenissima (che nel frattempo ha conquistato il Padovano) una tassa di 930 lire, di cui un decimo (93 lire, appunto la “decima”) da devolvere al parroco.

A occuparsi del regime idraulico complessivo del territorio, nel Cinquecento, sono i “Consorzi di Bonifica riuniti in Este”, organo creato da Venezia nell’ambito di una più vasta azione volta a recuperare spazi per la produzione agricola, e gestita da un’apposita istituzione, il “Magistrato dei Beni Inculti”. Tra le opere previste figura la Botte Tre Canne, da realizzare sotto il canale Santa Caterina, per scaricare le acque del Lago di Vighizzolo, l’area in cui si trovano i terreni più depressi sotto il profilo dell’altimetria. —

(93, continua)



Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova