«Lasciateci incontrare i nostri anziani nuove regole nelle Rsa»

«I nostri genitori, figli e fratelli si sentono abbandonati, si stanno lasciando morire. Non possiamo più vederli attraverso una vetrata, senza poterci prendere cura di loro e solamente mezzora a settimana. Restituiteceli». È l’appello dei familiari dei ricoverati nelle case di cura padovane, che ormai da febbraio non hanno nessun contatto fisico con i loro parenti a causa delle norme di sicurezza stabilite per le residenze sanitarie assistenziali. Parliamo di pazienti non autosufficienti, anziani o disabili gravi, che ormai da 6 mesi hanno rapporti solamente con il personale, chiusi nelle proprie stanze e senza l’opportunità di poter incontrare i propri congiunti. I parenti possono andare a trovarli solamente una volta a settimana e per mezz’ora, ma senza avvicinarsi e divisi da una finestra. A farsi portavoce del disagio dei familiari è Antonino Pipitone, medico endocrinologo, ma anche politico attivo in città (fa parte dell’ala renziana della maggioranza): «Chiedono di poter tornare a vederli, di poter prendersi cura di loro, ovviamente rispettando le norme di sicurezza e sottoponendosi ai tamponi» spiega Pipitone. L’esperienza lombarda nelle case di cura ha irrigidito molto le istituzioni politiche, che di conseguenza hanno previsto protocolli severi per le visite dei parenti a tutela degli stessi ospiti. Ma i protocolli negli ospedali, dicono i parenti, sono diventati meno rigidi. Senza considerare che nel frattempo sono stati liberalizzati anche gli spostamenti.
Un dramma della solitudine che si sta compiendo nel silenzio di molti, quello denunciato ieri. Non quello dei parenti però, che mettono nel loro mirino direttamente il presidente della Regione, Luca Zaia: «In Veneto ci sono 230mila anziani non autosufficienti, di cui 27 mila nelle Rsa. Quindi circa un milione di persone sono coinvolte in questa situazione» spiega Alberto Borin, esperto del terzo settore «e quindi non possono essere gettati nel dimenticatoio. Zaia deve ammorbidire le linee guida».
Proprio al presidente della Regione sono arrivate nelle ultime settimane centinaia di lettere da parte dei parenti dei pazienti, così come all’assessora regionale alla sanità, Manuela Lanzarin: «Non ci hanno mai risposto» sostengono i familiari dei degenti, «ma nel frattempo i nostri parenti si sentono abbandonati da noi e non dalle istituzioni che invece stanno prendendo decisioni sulla loro vita. È una sofferenza enorme per noi e per loro, quasi non ci riconoscono più. Vogliamo solamente poterli portare fuori dalle loro stanze per una passeggiata all’aperto, poterci parlare più volte al giorno e non solo una a settimana».
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