L'ex killer ritorna nella tragedia
Grande interpretazione di Toni Servillo, premiato a Roma con il Marc'Aurelio

Toni Servillo e Juliane Köhler in una scena di «Una vita tranquilla». Il film è uscito in questo weekend sugli schermi italiani
«Noi possiamo chiudere con il passato ma il passato non chiude con noi». Lo diceva uno dei protagonisti di Magnolia, splendido film di Paul Thomas Anderson del 1999. Una verità che ha ispirato anche il regista Claudio Cupellini - padovano di Camposampiero - nel suo nuovo film Una vita tranquilla, da venerdì nelle sale italiane, reduce dal trionfo al Festival del Film di Roma, dove il protagonista Toni Servillo si è aggiudicato il Marc'Aurelio come miglior attore: unico riconoscimento italiano al concorso. Il regista ha fatto tappa a Padova al cinema Astra per accompagnare il suo secondo lungometraggio, dopo Lezioni di cioccolato, tratto dal soggetto vincitore del premio Solinas nel 2003 (Il nemico dell'acqua). La vita tranquilla è quella di Rosario Russo (Toni Servillo): da dodici anni vive in Germania, ha una moglie e un figlio e parla perfettamente il tedesco. Nulla tradisce le sue origini di spietato killer della camorra, fino a quando due ragazzotti non giungono nell'albergo-ristorante che gestisce. Vengono da Caserta e uno di loro, Diego, è il figlio che Rosario ha abbandonato in Italia per salvarsi la vita. Da questo momento in poi, l'effimero sogno del protagonista di un nuovo inizio si infrange contro il muro di un passato che ritorna per riscuotere il prezzo degli errori commessi. Cupellini costruisce una intensa storia di sentimenti, ambientata in un luogo che richiama vagamente la provincia veneta, addormentata e placida, nella quale il regista è cresciuto. La serenità di quei luoghi e dell'anima è però destinata a dissolversi, facendo emergere una realtà sepolta e dirompente. Cupellini dirige una storia europea, anzi universale. Lo dimostrano le diverse lingue parlate nel film (il tedesco di Rosario; l'accento veneto dell'aiuto cuoco; il dialetto casertano di Diego), ma soprattutto il tema esistenziale affrontato. Gli echi della strage di Duisburg, così come i riferimenti allo smaltimento illegale dei rifiuti, peraltro successivi all'idea del film, sono soltanto il contorno di un racconto sulla duplicità dell'essere umano. Non siamo, insomma, dalle parti di Gomorra, ma piuttosto della tragedia greca, in cui l'eroe può anche piegare ai suoi fini singoli eventi ma non può influenzare il destino - la tyche - nel suo disegno d'insieme. Applicata al film di Cupellini, la dimensione omerica del protagonista si traduce nell'impossibilità di redenzione per chi ha commesso tanti, troppi crimini. Toni Servillo, che per questo ruolo si è fatto crescere la barba, è ingrassato e ha imparato il tedesco, è, come sempre, gigantesco, nell'interpretare un personaggio complesso, diviso tra amore e rabbia, paura e senso di colpa. Un uomo, appunto, che vorrebbe dimenticare, ma che il passato non dimentica. (Marco Contino)
Padova: Astra; Cinecity (Limena) Treviso: Edera; Cinecity (Silea) Venezia: Corsino (Mestre)
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