L’Opera Prima ad Andò, scrittore di lungo corso

Ammettiamolo: che il “Campiello opere prima” sia andato quest’anno ad uno scrittore come Roberto Andò è un po’ paradossale. Non per la qualità del romanzo, ma perché Andò è in realtà da anni un...

Ammettiamolo: che il “Campiello opere prima” sia andato quest’anno ad uno scrittore come Roberto Andò è un po’ paradossale. Non per la qualità del romanzo, ma perché Andò è in realtà da anni un protagonista affermato della cultura italiana. E non a caso il suo libro ha avuto padrini illustri, da Umberto Eco a Furio Colombo, da Andrea Camilleri a Walter Veltroni. Roberto Andò è stato allievo di Sciascia e dunque dalla scrittura è partito negli anni ottanta. E poi ha avuto nel cinema e nel teatro altri maestri ed amici di grande rilievo, da Fellini a Francesco Rosi, da Harold Pinter a Francis Ford Coppola. Ha girato 3 film, diretto decine di opere teatrali e di opere liriche, scritto la drammaturgia di molti testi. Però è vero che il “Il trono di legno” è il suo primo romanzo vero e proprio e dunque una “opera prima”.

Un romanzo politico nel senso più letterale del termine. Nel senso che protagonisti sono la politica e gli uomini che la fanno. Andò recupera per la trama un vecchio meccanismo teatrale, quello dello scambio di ruolo tra due personaggi simili, spesso due fratelli. Dunque il capo del partito di opposizione in piena crisi personale abbandona la scena, ed il partito, in vista delle elezioni e per non perdere la faccia lo sostituisce con il fratello filosofo e un po’ bizzarro. Lo scambio dei ruoli è dunque un classico e così le sue conseguenze. In uno schema bloccato, come quello della politica, ecco entrare il pazzo, l’uomo che non si riesce a contenere, ed allora sono prevedibili gli incidenti di percorso, il grottesco che ne nasce, ma anche la carica liberatoria che viene da ogni rottura di schemi. Il falso politico in realtà rende meglio del vero politico, le sue visioni a largo raggio spiazzano avversari ed elettori, mentre di pari passo il vero politico, ritornato alla vita reale, cerca e trova una dimensione più umana e più felice. Uno sberleffo, se si vuole, ma anche una parabola sul distacco fra vita e politica, tra eletti ed elettori, tra realtà e comunicazione. Insomma Roberto Andò intercetta letterariamente quelli che sono i temi degli ultimi anni e li mette in scena in una commedia degli equivoci che nel suo puntare al paradosso non va poi molto lontano dalla realtà. Anzi per certi versi le rifà il verso nel momento stesso in cui la interpreta. Perché non è difficile riconoscere nei personaggi del libro dei politici reali, o più spesso mix di personaggi reali, soprattutto della sinistra italiana. Perché da uomo di sinistra è lì che Andò mette le mani, raccontando i tormenti di leader indecisi, incapaci di vincere, spaventati dal ruolo di governo che dovrebbero assumere. E l’applauso che al libro hanno tributato molti leader della stessa sinistra, da Veltroni a Renzi, suona come quello di chi, colto sul fatto, prova a riderne.

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