Medicina rigenerativa: spunta l’ex ospedale militare per la sede del mega centro di ricerca

PADOVA. A poco più di un anno dall’inizio della sua attività il Life Lab diretto dal professor Gino Gerosa sta per pubblicare il primo studio di decellularizzazione totale di un cuore. L’esperimento è stato fatto sull’organo di un ratto. Dopo la decellularizzazione, la tecnologia allo studio prevede di ripopolare l’organo con le cellule del soggetto ricevente su cui trapiantarlo.
Una nuova frontiera della medicina rigenerativa per creare sostituti biologici di organi e tessuti. Ma oltre alle sfide professionali, ci sono anche sfide “materiali” che il Life Lab deve affrontare: innanzitutto l’auspico di vedersi confermato il finanziamento regionale che ne consente l’attività, e poi trovare finalmente una sede propria per il centro di ricerca. E un’ipotesi sul piatto c’è: l’ex ospedale militare in via San Giovanni di Verdara sul quale si è appena imbastito un abbozzo di trattativa.
Life lab
Il Life Lab - acronimo di Living innovative fully engineered long lasting and advanced bioreplacement - inizia la sua attività nel 2019: conta 22 gruppi di ricerca per un totale di 68 ricercatori, tutti giovani. Gli ambiti di lavoro sono l’ingegneria cellulare, l’ingegneria dei tessuti e degli organi e materiali: si va quindi dalla ricerca sulla terapia genica, alla realizzazione di sostituti biomimetici di tessuti e organi sviluppati in laboratorio fino allo sviluppo di organi artificiali.
«Questa è la medicina del futuro» sottolinea il professor Gerosa, «e il progetto di Life Lab si basa sulla sinergia fra ricercatori di diverse discipline: ci sono medici, fisici, ingegneri e biologi. Ogni gruppo condivide con gli altri il suo lavoro alimentando una continua contaminazione tra diverse specialità, un’integrazione che si traduce in un risparmio di tempo, tecnologia e soldi e allo stesso modo in un moltiplicatore di risultati».
Medicina rigenerativa
«Questo progetto posa sulle fondamenta del laboratorio di Medicina rigenerativa che ci ha permesso di arrivare alla decellularizzazione delle valvole cardiache, tecnologia che abbiamo donato alla Banca dei tessuti di Treviso. Ora l’obiettivo è più ambizioso» rileva Gerosa, «vogliamo mettere a punto tecniche per rigenerare trachea, esofago, vescica, muscoli e organi interi, come cuore, polmone e reni. A breve sarà pubblicato lo studio della decellularizzazione del cuore di un ratto, grazie a una tecnica che potrà essere trasferita in ambito clinico». Di fatto l’organo viene “svuotato” delle cellule per poi essere ripopolato con quelle del potenziale ricevente, una tecnica che potrà essere utilizzata per rigenerare gli organi di un donatore a cuore fermo.
I nodi
Ci sono però due punti interrogativi sui quali non vorrebbe inciampare nei prossimi mesi Gerosa: a fine anno scade il finanziamento regionale di 3,5 milioni di euro: «C’è un concetto fondamentale: la ricerca non è una spesa ma un investimento» sottolinea il professore, «e vale sia per i soggetti pubblici che per i privati. Una volta messa a punto la metodica, il prodotto viene brevettato, quindi si creano delle spin-off per produrlo. Da qui nuove opportunità di lavoro e arricchimento per il territorio. Questa è la filiera a cui dobbiamo puntare e per questo finanziare la ricerca significa investire in nuove opportunità».
Un altro nodo è quello della sede del mega laboratorio: «Ora siamo in affitto nella Torre della Ricerca in corso Stati Uniti ma puntiamo a una sede nostra, che dia un’identità al Life Lab e che sia anche comoda alla stazione. Ci è stato proposto l’ex ospedale militare che avrebbe caratteristiche assolutamente compatibili» rivela Gerosa, «ci sono diverse amministrazioni pubbliche che devono trovare la quadra ma anche un forte interesse a riqualificare la struttura e questo ci fa ben sperare». —
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