Mercatone Uno, cala il sipario

CURTAROLO/TRIBANO. Dopo settimane di incertezza cala il sipario sui punti vendita del Mercatone Uno di Tribano e Curtarolo. Dal 15 giugno le serrande resteranno abbassate e i 72 lavoratori dei due negozi padovani, 43 a Curtarolo e 29 a Tribano, andranno in cassa integrazione straordinaria. Nella nostra provincia si salva solamente il negozio di Noventa Padovana, aperto l’anno scorso e finora mai coinvolto nella crisi che ha investito il gruppo. A Tribano e Curtarolo invece la primavera scorsa era partita la svendita straordinaria, fra le proteste e la mobilitazione dei dipendenti. Di fatto ha svuotato i magazzini. Ormai gli scaffali sono pressoché vuoti e merce non ne è più arrivata. Nel frattempo i lavoratori hanno seguito il travaglio della società bolognese fino alla nomina da parte del Ministero dello Sviluppo Economico dei tre commissari straordinari. Qualche giorno fa era arrivata la notizia dell’accordo sulla cassa integrazione straordinaria a zero ore, fino al prossimo dicembre, per i 3.071 dipendenti della società M. Business che gestisce i 78 punti vendita sul territorio.
«Nel corso della riunione» riporta una nota dell’azienda «i commissari hanno confermato la situazione di grave difficoltà economico finanziaria del gruppo che, in attesa di poter accedere alle garanzie statali per le grandi imprese, può disporre di risorse molto limitate. Per questo motivo è stata preannunciata la sospensione temporanea delle attività di circa 35 punti vendita entro il 15 giugno e l’adozione della cassa integrazione straordinaria per tutti i lavoratori coinvolti. I commissari, tuttavia, ritengono che, una volta reperite le risorse finanziarie, entro l’anno possa riattivarsi una parte consistente dei punti vendita e ritrovare così un equilibrio di cassa. Il collegio commissariale ha ribadito la ferma intenzione di voler attuare tutte le iniziative per garantire la continuità del gruppo mantenendo come obiettivo la salvaguardia dei livelli occupazionali». Promesse alle quali i lavoratori stentano a credere dopo mesi di silenzi. «Alcuni di noi avevano ricevuto una raccomandata» raccontano «nella quale si parlava della chiusura dal primo giugno. Poi ci hanno detto che si erano sbagliati e che avremo lavorato altre due settimane. In queste condizioni è difficile aver fiducia e vedere uno spiraglio per il futuro. Non sappiamo a chi interessi comprare dei negozi vuoti».
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