Moby: «Musica è eclettismo»

L'artista newyorkese, ora in Italia, racconta il suo album Destroyed
 LONDRA.
Eclettico, creativo, unico: Moby (nella foto) é senza dubbio una delle figure più rappresentative della musica internazionale. Protagonista esemplare dell'elettronica contemporanea, dal suo esordio nel 1982 é diventato uno dei punti di riferimento della sperimentazione artistica. Moby, americano di nascita, ma emblema del british style, ritorna in Italia con tre concerti, a partire da oggi, alla fiera della musica di Azzano Decimo, in provincia di Pordenone. Intervistato a Londra, Moby si racconta apertamente, senza indugi. Dipinge un ritratto di sè, lasciando trasparire la sua incomparabile richezza interiore.
 Molti pensano che tu sia inglese, invece sei nato ad Harlem. Pensi che il fatto di essere nato in questa parte degli Stati Uniti abbia contribuito a sviluppare la tua passione per la musica?  
«Indubbiamente. Harlem come sai é quasi esclusivamente una comunità nera, mentre crescevo sono stato esposto ai generi musicali più svariati. Ho poi vissuto moltissimi anni a New York, una città multiculturale»  
Ti sei trasferito a Los Angeles: qual é stato il motivo di questa decisione?  
«Ho sempre amato New York, la città di Andy Warhol e di molti grandi artisti che come lui, hanno influenzato la cultura mondiale. C'é un'espressione in inglese, si diventa vittime del proprio successo e penso sia il caso della mia città. Tutti vogliono vivere a New York adesso. Di conseguenza molti artisti si sono trasferiti a Los Angeles, una città con una ricca comunità creativa»  
E' vero che sei discendente del grande scrittore Herman Melville?  
«Si. Il mio vero nome e Richard Melville Hall. I mei genitori mi hanno dato il soprannome Moby proprio in onore al nostro antenato»  
Sei cantante e polistrumentista: suoni la chitarra, le tastiere, il basso e la batteria. Quale di questi strumenti usi maggiormente per comporre?  
«A dieci anni ho iniziato a suonare la chitarra classica. Mia mamma suonava il pianoforte, ho imparato da lei a suonare le tastiere. A tredici anni mi sono buttato in un gruppo punk, sperimentando il basso e la batteria. Decisamente la chitarra é lo strumento con il quale compongo più facilmente, considerando che la suono da 35 anni»  
Sei passato dal punk, alla musica elettronica e all'ambient. Pensi che questi generi musicali così diversi tra di loro rappresentino la tua evoluzione come artista?  
«Proprio perché sono stato esposto fin da bambino a tanti suoni diversi, non mi sono mai sentito legato ad un genere musicale in particolare. Per me esiste solo il potere che la musica ha nell'influenzare le emozioni»  
Hai ben dieci album all'attivo. Se dovessi raccomandarne uno per iniziare a conoscere Moby?  
«Play decisamente, anche se non é il mio album preferito ma sembra sia quello che sia piaciuto di più. In Play ci sono canzoni come Porcelain e Why Does My Heart Feel So Bad»
Hai lavorato con grandi musicisti: con chi ti sei trovato meglio?  
«David Bowie: é il mio musicista preferito, é stato incredibile lavorare con lui. Se a 14 anni qualcuno mi avesse detto che in futuro avrei collaborato con lui non ci avrei mai creduto»  
Qualche anticipazione sul concerto di Azzano Decimo?  
«Anche se Destroyed, il mio ultimo album, é uscito da poco, il concerto sarà comunque un"greatest hits". Saremo in otto, con archi, chitarre e percussioni»

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