Molon, il killer di Fisica, libero tra meno di un anno

Nel marzo 1999 il tecnico di laboratorio entrò nella sede dell'università di Padova in via Bassi con la pistola e sparò a quattro persone, uccidendone tre 

PADOVA. Il conto alla rovescia è scattato. Fra meno di un anno sarà scarcerato Mariano Molon, il killer dell’università. Mancano 349 giorni all’appuntamento con la libertà. La data è indicata nel registro del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria: 5 agosto 2017. Quel giorno l’ex tecnico dell’ateneo varcherà le porte del carcere Due Palazzi di Padova. Nel cuore e nella testa, forse, il ricordo sbiadito di una memoria di sangue e morte.

Una memoria ancora viva per molti in città. Con un senso di orrore. E anche di rabbia per quella strage inutile costata la vita al sindacalista Cgil Walter Maccato e al professor Francesco De Ponte, ridotto in coma irreversibile, una lenta e sofferta agonìa durata sei anni fino al decesso del 22 marzo 2005, come al tecnico Antonio Bezze, ferito gravemente all'addome, costretto a una lunga serie di interventi chirurgici e morto il 14 giugno 2006.

Il fatto. 5 marzo 1999, ore 9.30. Nell’aula 216 al secondo piano del Dipartimento di Fisica tecnica, in via Bassi, inizia una riunione per discutere la situazione di Mariano Molon, 45 anni. Sono presenti il direttore del Dipartimento, il professor De Ponte, 57 anni, con il professor Cesare Bonacina suo vice , 59 anni, il responsabile del laboratorio tecnico Bezze, 48, e Walter Maccato, 51, sindacalista della Cgil e rappresentante dei tecnici nel consiglio di Dipartimento. Molon è convocato perché rischia un provvedimento disciplinare. È rissoso con tutti, fatica a inserirsi nell'ambiente di lavoro, risulta negligente, spesso inavvicinabile e scontroso tanto da aver maturato già una ventina di procedimenti. Il sindacalista Maccato non manca perché, come tante altre volte, interviene per tentare una soluzione diversa al “problema Molon”, su richiesta dello stesso tecnico sotto accusa che si presenta armato con la sua pistola Manurhin calibro 7,65. Ore 10,15: nella riunione si prospetta a Molon un trasferimento. Ore 10,20: Molon s'alza di scatto ed estrae la pistola. Spara il primo colpo verso Maccato freddandolo all'istante. La seconda pistolettata è per il direttore De Ponte: il proiettile lo ferisce alla tempia destra «esplodendo» in tanti piccoli frammenti. Poi il grilletto per due volte è premuto contro Bezze. Infine un colpo è riservato al professor Bonacina, che è miracolato: la pallottola gli perfora il bavero della giacca. Molon si allontana. Un’ora più tardi si presenta nello studio dell’avvocato, Gian Mario Balduin, e si costituisce.

La condanna. Secondo i consulenti della difesa (e della procura), Molon non era in grado di intendere e di volere. Una tesi condivisa anche dalla difesa della vedova De Ponte, Paola Costantini. Il 10 aprile 2001 la sentenza di primo grado: la Corte d’assise d’appello di Padova condanna Molon a 26 anni per omicidio volontario (senza l’aggravante della premeditazione), triplice tentato omicidio, lesioni gravissime e porto in luogo pubblico di un'arma. Nessun vizio di mente: è giudicato «al momento dei fatti non in condizioni di mente tali da escludere o diminuire grandemente la sua capacità di intendere o di volere». I giudici escludono l’infermità, anche se riconoscono che «le condizioni psico-fisiche dell'imputato... dalle valutazioni peritali... pur non ritenute dalla Corte tali da incidere sulla sua imputabilità, possono tuttavia rendere necessario il protrarsi delle terapie sotto il delicato profilo del sostegno psicologico». Ammesso un disturbo paranoide della personalità borderline, non al punto da viziare la mente, e la sua pericolosità sociale come stabilito da una perizia. All'imputato sono concesse le attenuanti generiche con il pagamento di 800 mila lire di multa per la detenzione e il porto illegale dell'arma. Pesante il risarcimento danni: 400 milioni per la famiglia Maccato, altrettanto per la compagna della vittima, Anna Rampazzo, 1 miliardo di lire per la vedova De Ponte, che non ha mai perdonato all’università di aver abbandonato il marito. La sentenza è confermata in appello il 29 maggio 2002 poi in Cassazione il 14 maggio 2003.

La pena. La condanna a 26 anni viene ridotta grazie all'indulto e ulteriormente diminuita per il meccanismo della liberazione anticipata prevista in caso di buona condotta (45 giorni in meno ogni sei mesi di pena scontata). Molon viene rinchiuso nel carcere milanese di Opera, quindi a Bollate. Nel frattempo la casa di Conselve, in cui viveva, viene messa all'asta e venduta: secondo indiscrezioni, lui sarebbe convinto di poterci tornare. Il 15 giugno 2013 il trasferimento nel carcere di Padova, la città della strage. La città dove tornerà libero.

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