Morte professor Basso, il ricordo di Giulia: «Ci ascoltava e confortava, per noi c’era sempre»

Fu ricoverata a 15 anni: oggi ne ha 23 ed è guarita. L’oncologo teneva nello studio la sua foto e quelle di tutti i giovani che aveva salvato 

PADOVA. «Tirati su da quel letto, reagisci. Vedrai che ce la faremo». Non c’era giorno che il professor Giuseppe Basso non entrasse nella stanza dov’era ricoverata per ascoltarla, sostenerla ma anche spronarla a non mollare nonostante tutto. Sono momenti che ancora oggi restano indelebili nella mente di Giulia Vendrametto, 23 anni, ex paziente dell’oncologo originaria di Fiume Veneto, Pordenone, oggi guarita anche grazie a lui.

LIVIERI - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - GIUSEPPE BASSO
LIVIERI - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - GIUSEPPE BASSO

«Non posso dimenticare tutto quello che il professor Basso ha fatto per me. Nel mio periodo più buio veniva a trovarmi tutti i giorni nella stanza del reparto di Oncoematologia pediatrica dov’ero ricoverata. Mi ascoltava, mi confortava ma quando vedeva che tentavo di lasciarmi andare mi spronava, anche severamente, a non abbattermi. Mi spiegava tutto e mi diceva di avere fiducia nella scienza».

Giulia, che soffriva di una patologia che si chiama Anemia Refrattaria, ricorda bene il giorno in cui è entrata nel reparto del professor Basso. «Era il 6 ottobre 2013, avevo 15 anni. Ero spaventata ma soprattutto non capivo cosa ci facessi in Pediatria. Mi sentivo grande, credevo sarei stata tra gli adulti, ancora non mi rendevo conto della fortuna che avevo avuto ad essere proprio lì», racconta, «Il professor Basso dal primo giorno è stato il mio punto di riferimento là dentro. E non perché era il primario o una figura autorevole, ma perché era la persona che sentivo più vicina, quella più umana, quella che voleva a tutti i costi sapere come stavi, se avevi preoccupazioni. Lui per me, come per tutti gli altri bambini e ragazzi ricoverati, ma anche per i genitori, c’è sempre stato. Questo lo rendeva un medico e una persona speciale».

Nonostante le cure il 26 marzo 2014 Giulia è stata sottoposta a trapianto di midollo. «È andato tutto bene, ero anche tornata a casa, poi nel mese di giugno ho iniziato a stare molto male. È stato il momento peggiore, quello in cui ho avuto realmente paura. Mi hanno ricoverata un’altra volta. I medici non capivano cosa mi stesse succedendo e io stavo crollando. Il professor Basso mi ha dato la forza di reagire. Mi diceva di credere nella scienza e aveva ragione. Alla fine ce l’abbiamo fatta».

Scienza verso cui l’oncologo ha dedicato la vita, una passione che cercava di trasmettere anche agli altri. «Mi portava libri di medicina, scienze, biologia. Una volta mi ha accompagnato a vistare il laboratorio che si trova sopra al day hospital per farmi capire come funzionava». Ogni suo paziente era importante e la guarigione era un traguardo che perseguiva più di qualsiasi altra cosa. «Nel suo studio aveva tutte le foto dei pazienti che ce l’avevano fatta. Dopo due anni da quel 6 ottobre del 2013 gli ho portato anche la mia. Grazie a lui ero guarita», continua commossa Giulia.

«Quella è stata l’ultima volta che l’ho visto. Poi ho saputo che era andato in pensione, mi avrebbe fatto piacere rincontrarlo e magari portargli una nuova foto a distanza di anni. Ho chiesto fino all’ultimo come stesse il professor Basso alla psicologa del reparto di Oncoematologia che mi seguiva quando ero là dentro. Dire che sono dispiaciuta per la sua morte è riduttivo. Speravo con tutto il cuore che anche lui ce la facesse». —


 

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova