Morto Pierdomenico Favaro, era l’ultimo re del mattone

PADOVA. Se ne va l’ultimo grande costruttore padovano. L’uomo che, con la sua Svec, intercettando il “boom del mattone” degli anni ’80 e ’90, ha realizzato interi pezzi di città, completando un puzzle urbanistico che ha dato nuovi punti di riferimento, in chiave moderna, al territorio urbano. Se ne va con un grande rammarico, il più grande della sua vita: le quattro torri disegnate da un “archistar” come Vittorio Gregotti che avrebbero dovuto rappresentare la porta nord di Padova, il cuore dell’Arcella, bocciate da un referendum popolare nel 2006.
Eppure Pierdomenico Favaro, scomparso ieri a 95 anni, in fondo era solo un geometra, nato a Cartura nel 1922. Ma con la sua “Società veneta edil costruzioni spa” (in sigla Svec) ha guadagnato, metro cubo dopo metro cubo, il primato dei costruttori padovani. Fino a diventare presidente onorario del Collegio provinciale dei costruttori edili, e a ricevere nel dicembre 2005 il “sigillo” della città direttamente dalle mani dell’allora sindaco Flavio Zanonato.
Dieci anni dopo l’ultima delusione per il fallimento della sua impresa schiacciata dalla crisi. Negli ultimi anni si era ritirato nella sua abitazione in via Santa Maria in Vanzo. Ma la sua grinta, e la forte personalità, sono rimaste attive fino a pochi anni fa, ben oltre i 90 compiuti. Il giorno dei funerali non è stato ancora fissato ma, quasi certamente, sarà celebrato e poi sepolto a Cagnola di Cartura, suo paese natale.
La sua storia professionale inizia intorno agli anni ’60, con la realizzazione di alcuni edifici residenziali in Arcella. Ma le realizzazioni più importanti sono arrivate negli anni ’80, anche e specialmente in Città Giardino e alla Stanga.
Non solo edilizia residenziale, la Svec inizia anche a vincere appalti per opere pubbliche. Comincia così il rapporto con alcuni dei più importanti architetti del panorama internazionale. Oltre a Gregotti, c’è il vicentino Franco Stella (collaboratore di Giuseppe Samonà allo Iuav, apprezzatissimo in Germania), con cui ha realizzato negli anni ’90 l’ampliamento della Fiera: un progetto per i padiglioni 7 e 8 fatto di «loggiati e torri». Con lo svizzero Mario Botto, Favaro ha fatto crescere il “fiore” di via del Pescarotto: l’edificio voluto dall’università che si affaccia sul giardino d’inverno. Le linee curve e le vetrate innovative del centro infanzia della Zip, perla di bioarchitettura, è la concretizzazione del disegno di Luisa Fontana.
Ma anche senza “archistar” la Svec ha lasciato molti altri segni in città. Tra gli immobili più conosciuti ci sono le palazzine di via Turazza, dove si trovano le nuove sedi della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate, l’hotel Galileo di via Tommaseo e il nuovo parcheggio multipiano nell’area ex Cledca, in via Trieste. Ha anche costruito gli altri palazzi universitari che ci sono sulla “rive gauche” del Piovego e l’attuale palazzina Inail davanti all'ingresso del liceo artistico Modigliani.
E diverse sono anche le eredità che Favaro lascia in città, alcuni “vuoti urbani” che andranno riempiti: non solo l’area delle torri Gregotti all’Arcella, ma anche la palazzina ex Coni in piazzale Azzurri d’Italia, e l’area ex Ifip tra il Tempio della Pace e la stazione, che è in comproprietà con l’ingegner. Aurelio Santinello.
«È morto l’ultimo grande imprenditore edile della città, con tutto il rispetto che ho per gli altri che sono ancora vivi – osserva l’ex sindaco Settimo Gottardo – Non un semplice palazzinaro, ma un vero esperto di riqualificazione urbanistica, che toglieva dal degrado interi pezzi della città». Commosso anche il ricordo di Leonardo Antonio Cetera, amico, collega e “successore” alla guida dell’Ance: «In pubblico era un professionista di grande ingegno, in privato un vero signore dal punto di vista della gentilezza e dell’approccio con gli altri».
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