Mr. Ferlito va a Hollywood con “Duel” una storia horror

Dopo l’esordio alla regia con “Presto farà giorno” nel cinema d’autore italiano il regista e sceneggiatore e pittore padovano sta lavorando per Jordì Molla

PADOVA. Dove nasce una passione? Come, quando e perché una persona capisce quale sia la sua vocazione, e cosa gli permette di fare il salto dal sogno alla realtà? Di sicuro Giuseppe Ferlito, sceneggiatore e ora regista a cavallo fra Italia, Spagna e Stati Uniti, quella passione la covava già fra i banchi del liceo scientifico Cornaro, o magari durante le lezioni alla Facoltà di Scienze Politiche, ma la passione di quel ragazzo nato a in città nel '75 lo ha portato molto lontano dall'ombra delle cupole del Santo. Per un soffio, Giuseppe non parteciperà quest'anno ai David di Donatello con il film "Presto farà giorno", il suo debutto alla regia. «Forse è un film un po' difficile...» spiega «che esce dai canoni commerciali e tratta tematiche forti come droga e anoressia, ma già la candidatura ai David è un risultato magnifico».

Dalla sua uscita, il 20 marzo, il film, storia di ragazzi fragili che si rifugiano in effimeri sogni e illusorie conferme per trovare la loro identità prodotta in collaborazione con Rai Cinema, ha avuto un ottimo riscontro di pubblico, pur avendo uno stile narrativo non convenzionale. D'altro canto, però, Ferlito non ama piegarsi a dogmi narrativi che corteggino troppo il mercato, ama variare. Non a caso, il suo prossimo film, che attualmente sta scrivendo assieme a Jordi Mollà, attore catalano che ha prestato il volto a film come "Blow" di Ted Demme o "Che-Guerriglia" di Soderbergh, sarà un horror: si chiamerà "Duel", e verrà girato ad Hollywood. Non è la prima volta a Hollywood per l'ex studente del Cornaro: dopo l'università, Ferlito frequenta un master in tecnica cinematografica a Milano. Qui conosce Vincenzo Salemme e comincia la sua gavetta: terzo, secondo e primo assistente alla regia; si trasferisce a Roma dove lavora con Enrico Vanzina, Ermanno Olmi, Ken Loach, Steven Soderbergh.

Poi l'incontro con Mollà, che scoprirà il suo talento come sceneggiatore: dopo tre mesi chiusi in uno studio di Los Angeles, vede la luce la sceneggiatura di "88", storia di incomunicabilità, follia e tormento per una giovane coppia, che Mollà ha diretto nel 2012. Non basta: dribblando i tempi morti del cinema, Ferlito scopre la pittura, vergando quadri d'estetica angosciante e colorata, astratti e figurativi al tempo stesso, opere che conquistano presto personalità illustri e ribalte prestigiose. Espone ad una mostra organizzata a Città del Messico per Global Gift, fondazione di Eva Longoria, e poi all'Art Basel, fiera artistica internazionale di Miami, attirando simpatia e ammirazione sia professionale che artistica da parte di personalità come Melanie Griffith, Antonio Banderas, Penelope Cruz, Javier Bardem, Vin Diesel e molti altri. Gli Stati Uniti aprono così a Ferlito le porte di Hollywood, con la sua macchina del cinema perfetta, in cui ogni cosa funziona a perfezione e che permette sia di imparare che di fare confronti non sempre sconfortanti rispetto a quel che succede nel Belpaese.

«Quello hollywoodiano» conclude Ferlito «è un orologio svizzero, ma le potenzialità creative sono in mano a poche persone. In Italia manca tutto, ma proprio per questo ogni membo della troupe è chiamato ad essere creativo, a suo modo. Questo ha portato il cinema italiano a dar vita a tanti capolavori, e proprio questo sarà, dopo "Duel" il campo in cui mi cimenterò: voglio fare un film romantico, un omaggio al cinema italiano».

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