Multinazionali straniere è shopping della diagnostica

È shopping della sanità privata: nell’ultimo anno i più importanti laboratori di analisi padovani sono passati nelle mani di multinazionali estere. Non c’è solo Synlab (Germania) che ha annunciato l’acquisto di Data Medica e Euganea Medica. Nel giugno 2016, infatti, il Gruppo Pavanello ha ceduto le attività di laboratorio a Lifebrain (Austria). Synlab e Lifebraia non sono nuove nel mondo della medicina di laboratorio: negli ultimi anni si sono espanse a macchia d’olio nel Lazio, in Toscana, in Emilia Romagna e non solo. Uno dopo l’altro, tutti i piccoli laboratori che, in tempi di crisi, faticano a gestire costi di produzione troppo alti, hanno accettato allettanti proposte. Spesso fino a tre volte il valore del fatturato. La Regione per il 2017 ha destinato alle strutture di analisi di Padova un budget che va oltre i 7 milioni e 300 mila euro, allargando a tutte le strutture del Veneto si arriva a quasi 17 milioni di euro: significa che solo nell’Usl 6 si concentra il 40% dell’attività.
I laboratori di analisi sono diventati un business. «Il Gruppo Pavanello sanità costituito da 9 strutture pluridisciplinari presenti in provincia di Padova e Venezia non ha venduto», spiega Alda Di Chiara, titolare del Gruppo Pavanello, «Sono state cedute tre strutture appartenenti alla stessa proprietà quali: Rete Diagnostica Italiana, Centro Biomedico Termale e Biotest che esercitano solo attività di laboratorio analisi. Settore nel quale solo le multinazionali potranno resistere. Il nostro obiettivo è quello di rafforzarci ed ingrandirci negli altri settori sanitari multidisciplinari».
Il primo ad accorgersi della rivoluzione silenziosa del settore è stato Andrea Bassi, vicecapogruppo della Lista Tosi in Consiglio regionale, che nel dicembre del 2015 aveva presentato un’interrogazione in Giunta. «Già in quel periodo c’erano i primi segnali», dichiara Bassi, «stava iniziando la svendita dei piccoli laboratori alle multinazionali Synlab e Lifebrain. Alla faccia del tanto declamato slogan “prima il Veneto”, un settore intero è andato nelle mani di aziende estere. La Regione avrebbe dovuto proteggere i laboratori dagli attacchi delle multinazionali, favorendo aggregazioni interne e dando un orizzonte temporale di almeno cinque anni per mettere in piedi il sistema. Le aziende invece hanno dovuto subire il pressing di aziende sempre più forti e hanno dovuto fare i conti con tagli del budget». La riorganizzazione dei laboratori pubblici e privati è un disposto della Legge Finanziaria 2007, un’ulteriore spinta alle aggregazioni arriva con la Dgr n. 524 del 15 aprile 2014 “Linee guida per lo sviluppo delle reti di laboratorio in Veneto”. Secondo il documento, per ottenere l’accreditamento, una rete di laboratori deve garantire una soglia minima di attività di 800 mila esami erogati all’anno. «In Italia è iniziato tutto tre anni fa», racconta un imprenditore di una azienda estera del settore, «ogni Regione, partendo dal Lazio, ha ratificato un accordo che obbliga i laboratori a mettersi in rete. Si tratta di un processo naturale che si è già concluso oltre dieci anni fa in altri paesi d’Europa. Il mercato italiano in questo momento è fortemente attrattivo per le compagnie estere perché il numero di micro laboratori è molto elevato. Nel momento in cui si concentra l’attività di tanti singoli laboratori, il valore aumenta considerevolmente. Un business a tutti gli effetti, una fonte di guadagno, ma dietro c’è anche attenzione all’aspetto sanitario perché sulla salute non si scherza. La stessa Regione Veneto, nel pubblico, sta consorziando i laboratori degli ospedali per ridurre i costi fissi e aumentare i margini».
La riduzione dei micro laboratori sta portando a un oligopolio delle strutture di grandi dimensioni, spesso acquistate da società che fanno capi a dondi di investimento, come per esempio Synlab, in mano al fondo di private equity londinese Cinven, che ha messo sul piatto 1,8 miliardi di euro per fare shopping di laboratori in tutta Europa.
«Vediamo tante contraddizioni», lamenta un titolare di un laboratorio, «due multinazionali stanno acquistando a fior fior di milioni di euro tutti i piccoli laboratori. Nelle linee guida per le aggregazioni la Regione detta regole per evitare la formazione di trust e poi dà parere positivo alla cessione dei laboratori. Non c’è tutela e sembra che le porte siano aperte. I sopravvissuti sono pochi, noi stiamo resistendo ma abbiamo l’offerta in mano. A lungo andare le aziende straniere imporranno i loro prezzi. Quest’anno la Regione ha tagliato il budget delle strutture accreditate del 20%: è strano che le società straniere, nonostante questo, comprino laboratori a cifre esorbitanti».
Il timore degli operatori del settore, è che il costi della diagonstica medio termine possano gravare solo sulle tasche degli utenti.
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