Nei guai due imprenditori di Camposampiero
CAMPOSAMPIERO. Truffe alle società di leasing, anche due imprenditori di Camposampiero sono finiti nell’indagine della Procura di Milano appena conclusa dal pm con la richiesta di 27 rinvii a giudizio. Andrea Girina, 44 anni, ed Enrico Gasparini, 61, sono i due camposampieresi che rischiano un processo insieme ad altri 25 imprenditori, tra i quali 2 veneziani e una decina trevigiani, per una lunga sfilza di reati, in pratica uno per ogni contratto di leasing sottoscritto. Secondo la Procura, il meccanismo dei raggiri, in pratica, sarebbe stato questo: veniva chiesto un finanziamento per acquistare macchinari ed era corrisposta una prima parte del finanziamento sull’acquisto, che poi però non veniva più concluso perché spesso la fattura presentata a sostegno della richiesta di finanziamento era falsa e il macchinario da acquistare inesistente; così la società di leasing non aveva più alcun bene su cui rivalersi. Le indagini sono state svolte dai carabinieri di Alba (Cn) tra Piemonte, Lombardia e Veneto. Due dei 27 indagati nel frattempo sono morti e per loro il pubblico ministero ha chiesto l'archiviazione. Le presunte truffe risalgono al biennio 2005-2007. Un paio degli indagati per i quali il pm ha richiesto il rinvio a giudizio sono difesi dal sindaco di Treviso, Giovanni Manildo. Il meccanismo elaborato per mettere in atto i reati ipotizzati dalla Procura sarebbe consistito nel procedere, in taluni casi «in concorso», alla stipula di contratti-truffa di leasing. Come ad esempio è sottolineato a proposito di un’operazione conclusa da due degli indagati trevigiani, «con artifici e raggiri» veniva portato a termine l’accordo «apparentemente per l'acquisto» da un’altra azienda di «una piattaforma semovente elevabile marca... (macchina invero mai prodotta da quella ditta e quindi inesistente)», così da indurre «in errore la società di leasing» circa «l'esistenza di un valido contratto di acquisto del bene predetto onde ottenere l'anticipo a titolo di finanziamento della somma pari al prezzo» pattuito, «procurandosi così un ingiusto profitto» che di fatto era «pari alla somma bonificata», (in questo caso si parlava di oltre 50 mila euro) e «con corrispondente danno per la parte offesa». E così avanti, con ipotesi di reati-fotocopia nelle modalità e per le finalità con cui sarebbero stati commessi. (e.f.)
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